Perché durante la celebrazione eucaristica si ricorda solo uno dei due Papi?

Per quale ragione nella preghiera eucaristica, che si recita durante la Messa, non si menziona il nome di Benedetto dopo quello di Francesco? La risposta del teologo.

Il tema coglie un punto controverso e importante dell’attuale condizione della Chiesa, mentre la risposta mette in luce la ragione che porta alla condizione attuale.

papa francesco benedetto
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Certamente, la questione del Papa emerito è una delle più delicate che la Chiesa cattolica sia mai stata portata ad affrontare negli ultimi anni, ma sotto certi aspetti di natura istituzionale forse anche degli ultimi secoli. Non si erano mai visti in Vaticano due Pontefici che si fanno chiamare entrambi con questo titolo, entrambi che vestono la talare bianca, entrambi che vivono tra le mura dello Stato più piccolo del mondo. Entrambi che vengono chiamati Santità dai fedeli.

La questione delicata dei due papi

Una ambivalenza che ha dato adito alle più ardite e impegnative ricostruzioni, alcune estremamente documentate e altre meno, tutte però verosimili e comunque capaci di fare sorgere dubbi e domande rispetto alla questione dei “Due Papi”, sbarcata persino al cinema e su Netflix. Il vaticanista Saverio Gaeta ha dedicato un intero volume, “La profezia dei due papi”, alle numerose questioni che circondano la compresenza di Francesco e Benedetto, ma anche le voci che da decenni, e secoli, circondano il Trono di Pietro passando anche per rivelazioni mistiche di varia natura.

Diversi mistici e santi del novecento hanno infatti anticipato la compresenza di due papi in Vaticano, e basta pensare alla famosa profezia di Malachia e dell’ultimo Papa della storia, “Petrus romanus”. Ma i tanti segni contradditori hanno alimentato ancora di più queste voci già di per sé difficili da interpretare, come il mancato utilizzo dell’Anello Piscatorio da parte di Francesco. Un’altra tesi è quella diffusa da Antonio Socci sull’invalidità dell’elezione di Bergoglio al Conclave, determinata da un’irregolarità tecnica e procedurale descritta nel suo libro “Non è Francesco”.

Di recente, infine, un’ulteriore teoria nata da giuristi latino-americani e rimbalzata in Italia su alcuni giornali come ad esempio Libero, afferma che ci sarebbero state delle incongruenze anche nella dichiarazione stessa di Ratzinger al momento delle sue dimissioni. Il teologo tedesco, che conosce alla perfezione il latino, secondo questa vulgata avrebbe di sua spontanea volontà compilato in maniera errata la rinuncia al Soglio Petrino, compiendo una distinzione tra “munus” e “ministerium” che non è possibile secondo il Diritto Canonico.

La complessità dell’argomento

Non si può infatti distinguere l’esercizio del Papa dall’essere il Papa, e questo errore affermerebbe che il vero Papa ancora oggi sarebbe Joseph Ratzinger, con Jorge Mario Bergoglio che starebbe semplicemente svolgendo le funzioni di Papa e di vescovo di Roma al suo posto. Tesi particolarmente ardite che non hanno però alcun riconoscimento ufficiale, almeno per il momento, da parte della Santa Sede e di nessun’altra istituzione.

Tuttavia, per una molto più semplice questione di rispetto e di simpatia nei confronti del Papa emerito, alcuni si sono chiesti perché non si pronunci il suo nome durante la Messa nel momento della preghiera eucaristica. D’altronde, anche il Cardinale George Pell di ritorno dalla sua ingiusta incarcerazione in Australia ha ammesso che la questione della compresenza dei Papi, un unicum storico, andrebbe regolata al più presto, e questo potrebbe quindi essere un primo semplice passo in quella direzione.

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Non ci sono due Papi ma, di fatto, un ministero allargato. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al nome, né alla talare bianca”, ha infatti affermato il Segretario stesso di Benedetto XVI, Mons. Genswein, su questo specifico argomento. La domanda è quindi finita tra le pagine di Famiglia Cristiana, dove a rispondere ci ha pensato il teologo Silvano Sirboni.

La risposta del teologo che fa chiarezza

“A cominciare dal IV secolo, di fronte alle prime eresie dottrinali, per manifestare la piena comunione con la Chiesa di Roma invalse l’uso di nominare nella preghiera eucaristica il nome del successore di Pietro e garante della fede apostolica”, ha affermato il teologo. Spiegando che “più tardi, nelle diverse Chiese fu aggiunto anche il nome del vescovo locale che, in comunione con il Papa, guida e custodisce una piccola parte di Chiesa. Il Papa come il vescovo è uno solo e manifestano visibilmente la comunione ecclesiale durante l’effettivo svolgimento del loro ruolo ecclesiale”.

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Quindi, ecco qua la spiegazione, che tuttavia non esaurisce necessariamente la questione, almeno dal punto di vista che esula quello prettamente formale. Infatti, conclude il teologo, “nessuno impedisce di ricordare doverosamente e affettuosamente Papa e vescovo emeriti nella preghiera dei fedeli, ma non nella preghiera eucaristica, dove il riferimento nominale è all’unico Papa e all’unico vescovo con i suoi eventuali vescovi collaboratori (coadiutore e ausiliari) effettivamente in carica”.

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