Non sarebbe affatto un caso, dunque, che l’ 80% dei pazienti, aspetti di rimanere un momento da solo, prima di morire: “Il nostro cervello è indipendente dalla coscienza. È il mezzo per canalizzarla, per cui in realtà è fisicamente estranea al corpo”, ecco perché “l’anima e la coscienza possono sperimentarsi al margine del corpo”.
Ma c’è qualcosa che accomuna anche i parenti delle persone in punto di morte, poiché molti di essi sognano o vedono che il loro caro verrà accompagnato da qualcuno, nel trapasso.
“Mi colpiva il fatto che alcuni familiari dei defunti non si sentissero tristi, dopo aver diagnosticato la morte del proprio caro, ma parlandoci mi sono resa conto che in realtà erano tranquilli per il fatto di aver sperimentato questa sensazione di trascendenza della vita”.
Da escludere, secondo Penny Sartori, che si tratti di “disfunzioni cerebrali”, poiché anche le persone malate di alzheimer negli ultimi momenti, riacquistano la lucidità: “Si tratta di pazienti in uno stadio terminale della malattia, incapaci di articolare la parola, che in modo sorprendente iniziano a parlare con la massima coerenza, interagendo con gente che non è nella stanza e che spesso sono familiari defunti”.
“In genere, accade che dopo questa esperienza smettono di essere agitati e finiscono per morire con un sorriso sul volto, solitamente uno o due giorni dopo”.
Antonella Sanicanti
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