Quali sono i peccati più gravi agli occhi di Dio?

 

Si definiscono peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, perché opprimono, devastano distruggono, stravolgono il bene che l’umanità dovrebbe ricevere e la stressa natura umana.
Sono deprecabili e si definiscono in quel modo, in quanto contrari al comandamento di amare il prossimo e se stessi, come Dio vorrebbe; si catalogano in questo modo:

  • Omicidio volontario: priva l’altra persona del bene della vita e di ogni altra grazia che potrebbe ricevere vivendola. E’questo il delitto che riguarda anche i bambini abortiti, nella concezione che solo Dio, elargitore del dono della vita, ne è padrone indiscusso, come della morte.
    “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!”, dice Dio a Caino, dopo aver inteso che questi aveva ucciso il fratello.
    E il quinto comandamento ci ricorda costantemente di “Non uccidere”, ossia di non arrecare danno al corpo di un’altra persona, né al proprio (come nel caso del suicidio).
    Ma questo comandamento comprende anche il non alzare le mani sull’altro, il non ferirlo volontariamente, il non agire per pura cattiveria contro il prossimo, l’offenderlo o l’augurargli il male.
  • Peccato impuro contro natura: significa impedire all’amore, donato dal Signore, di propagarsi nel sacro vincolo del Matrimonio, evitando di cooperare a creare la vita sulla terra.
    Conseguentemente, chi agisce solo per il piacere del corpo e limita il concepimento delle creature, è in peccato, alla stregua di chi compie atti sessuali che non portano alla procreazione (masturbazione, rapporti tra persone dello stesso sesso, rapporti sodomiti …) e che viola, pertanto, il sesto comandamento: Non commettere atti impuri/adulterio.
    “Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello. Ciò che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui”, si dice nella Sacra Scrittura.
    Papa Pio XI, scrisse “Ma per venire ormai, venerabili fratelli, a trattare dei singoli punti che si oppongono ai diversi beni del matrimonio, il primo riguarda la prole, che molti osano chiamare molesto peso del connubio e affermano doversi studiosamente evitare dai coniugi, non già con l’onesta continenza, permessa anche nel matrimonio, quando l’uno e l’altro coniuge vi consentano, ma viziando l’atto naturale. E questa delittuosa licenza alcuni si arrogano perché, aborrendo dalle cure della prole, bramano soltanto soddisfare le loro voglie, senza alcun onere; altri allegano a propria scusa la incapacità di osservare la continenza, e la impossibilità di ammettere la prole a cagione delle difficoltà proprie, o di quelle della madre, o di quelle economiche della famiglia”. “Pertanto, essendovi alcuni che, abbandonando manifestamente la cristiana dottrina, insegnata fin dalle origini, né mai modificata, hanno ai giorni nostri, in questa materia, preteso pubblicamente proclamarne un’altra, la Chiesa Cattolica, cui lo stesso Dio affidò il mandato di insegnare e difendere la purità e la onestà dei costumi, considerando l’esistenza di tanta corruttela di costumi, al fine di preservare la castità del consorzio nuziale da tanta turpitudine, proclama altamente, per mezzo della Nostra parola, in segno della sua divina missione, e nuovamente sentenzia che qualsivoglia uso del matrimonio, in cui per la umana malizia l’atto sia destituito della sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura, e che coloro che osino commettere tali azioni, si rendono rei di colpa grave”.
  • Oppressione dei poveri: riguarda tutte le azione che rendono l’esistenza degli altri difficile, come la condotta di chi approfitta della propria autorità, o della posizione sociale che riveste, per gestire la mente degli altri, per ottenere un tornaconto personale, per raggiungere i propri scopi personali. E’ il caso, questo, anche di molti leader politici, che tengono il popolo in sottomissione, incutendo loro paura e lasciandolo a vivere in miseria, ad affrontare senza i mezzi opportuni angosce materiali ed esistenziali.
  • Defraudare la giusta mercede agli operai: questo forse è il peccato che grida vendetta al cospetto di Dio più comune e noto; riguarda, infatti, coloro che controllano la vita lavorativa e il guadagno di altra gente (servi, operai, manovali, dipendenti …) e che non le danno il giusto compenso, quello a cui ha diritto, per il lavoro svolto. Qualunque datore di lavoro che non paghi il lavoratore commette questo gravissimo peccato.
    Anche il Vangelo infatti dice: “l’operaio ha diritto al suo salario”.
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