Papa Francesco taglia gli stipendi dei cardinali. Ma quanto guadagnano?

Con la decisione di Papa Francesco, anche i porporati e i dipendenti della Santa Sede hanno dovuto prendere atto del momento di grande crisi. 

Anche in Vaticano continua la “spending review” di Papa Francesco, dopo la presa d’atto della difficile situazione economica causata dalla pandemia che non ha risparmiato nessuno, nemmeno le entrate economiche e il bilancio della Santa Sede. Bergoglio ha deciso di rendere, dal mese di aprile, le buste paga di cardinali e vescovi più leggere. Non per un periodo limitato, ma a tempo indeterminato.

La decisione presa a sorpresa dal Pontefice

Una decisione presa a sorpresa dal Pontefice che, con il nome del Poverello di Assisi, punta a camminare nella strada della sobrietà anche dai gesti più piccoli, dai dettagli, dove spesso si vede la differenza. Se in politica si tagliano gli stipendi dei parlamentari, il Vaticano taglia quelli dei cardinali, complessivamente, attualmente 227 sparsi in tutto il mondo.

Anche Oltretevere, infatti, la crisi provocata dalla pandemia ha portato in più occasioni l’attuale Pontefice a dovere fare i conti e a cercare di capire come cercare di continuare a mantenere tutti gli attuali dipendenti. Così, per risolvere il rebus, si è cominciato col fare qualche taglio qua e là. La manovra, infatti, più che di un valore effettivo ha un alto valore simbolico.

La chiesa che non guarda alla ricchezza è più evangelica

La Chiesa che non guarda alla ricchezza è una Chiesa più pura ed evangelica, di conseguenza non saranno qualche centinaia di euro in meno nelle buste paga a cambiare la vita a uomini che sono stati chiamati a seguire il Signore fino in fondo, fino al sangue, come il colore della porpora che portano in testa dovrebbe indicare.

Gli stipendi dei dipendenti, infatti, sono tra le principali voci d’uscita che pesano sulle casse dei Sacri Palazzi. Allora Bergoglio, senza toccare i compensi dei laici, a meno che non siano in ruoli apicali, ha deciso di ridurli. Nella lettera il Papa spiega infatti la sua decisione sostenendo che un futuro “sostenibile economicamente richiede di adottare anche misure riguardanti le retribuzioni del personale”.

Da diversi anni anche il Vaticano vive una crisi nel bilancio

In questo caso, con il Covid che ha aggravato un disavanzo che già si palesava da “diversi anni”, i tagli effettuati seguono una logica “proporzionale e progressiva”, per la quale chi guadagna di più dovrà fare fronte a una riduzione maggiore del proprio salario. Insomma, i porporati vedranno un calo del 10 per cento della loro remunerazione mensile. A cascata, altre diminuzioni ci saranno, in modo inferiore, per i dirigenti ecclesiastici.

Disposizioni che si applicano anche al vicariato di Roma, ai capitoli delle basiliche papali Vaticana, Lateranense e Liberiana, alla Fabbrica di San Pietro e alla basilica di San Paolo fuori le Mura. Mentre invece gli scatti di anzianità saranno congelati per tutti nei prossimi due anni. In questo modo il Papa ci ha tenuto a mantenere tutti i posti di lavoro, che non sono a rischio.

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Ma quanto guadagnano vescovi e cardinali?

Per inquadrare meglio la notizia, però, bisogna anche fare luce su quanto guadagnano precisamente cardinali, vescovi, preti, e da dove provengono i loro salari. Un recente libro incihesta, scritto dal giornalista di Avvenire Mimmo Muolo e intitolato “I soldi della Chiesa. Ricchezze favolose e povertà evangelica”, fa il punto sulla questione. Tuttavia, è innanzitutto importante fare una distinzione netta tra parrocchie, diocesi e istituti religiosi presenti in Italia, e la realtà della Santa Sede, a loro totalmente distinta.

Quest’ultima, infatti, assicura uno stipendio ai propri dipendenti. Che, per quanto riguarda i cardinali della Curia romana, si aggira tra i 4.500 ai 5.500 euro al mese, comprendenti i 1.500 euro di “piatto cardinalizio” spettante a ogni porporato del mondo. Più bassa è la retribuzione per ogni vescovo, arcivescovo o capo dicastero, che riceve fra i tremila e i quattromila euro al mese.

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Ben diversa è la condizione dei tanti parroci che svolgono servizio nella parrocchie italiane, che al netto guadagnano circa 880 euro al mese. Come invece per un vescovo italiano, che a fine carriere riceve una cifra pari a 1.400 euro netti. Soldi, c’è da precisare, tassati per tutti e senza tredicesima. Un’ulteriore discorso, a parte, è quello delle singole congregazioni o istituti, che si regolano in maniera autonoma, e dove, per religiosi e suore che fanno voto di povertà, a differenza dei preti diocesani, non possono avere alcuno stipendio né detenere denaro.

Giovanni Bernardi

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