È commovente il grande gesto che fece papa Leone XIV , quando era il vescovo Prevost, nei confronti di un giovane malato terminale.

Cercando di conoscere meglio papa Leone XIV si scoprono aneddoti ed episodi della sua vita che ne delineano la personalità. Piccoli e grandi gesti compiuti che rivelano il cuore di un uomo pieno di amore verso il prossimo.
È il caso di ciò che ha fatto per un ragazzo irlandese gravemente malato. Si tratta della storia di Donal Walsh, e risale a 12 anni fa, quando il giovane, di 17 anni era malato terminale a causa di un osteosarcoma, che lo aveva colpito da quando aveva 12 anni.
Venuto a contatto con l’ordine agostiniano di cui Robert Francis Prevost era priore generale, il ragazzo ha ricevuto un grande dono, proprio per volontà di colui che sarebbe diventato papa. Prima di morire, infatti, il giovane è stato nominato da Prevost come agostiniano onorario.
Agostiniano onorario: il grande gesto di Leone XIV per il ragazzo malato
Quando venne a conoscenza della storia di questo ragazzo, Prevost rimase molto colpito e decise di concedergli, come gli era stato richiesto da persone vicine al giovane, la nomina a membro onorario dell’ordine religioso agostiniano. L’accettazione da parte di Donal avvenne solo due giorni prima di morire, ma fece in tempo a prestare il giuramento di rito.

Tutto è avvenuto nel mese di maggio del 2013 : il 10 ci fu la nomina e il 12 Donal morì. Ogni anno la famiglia lo ricorda con una giornata dedicata definita il “Donal Walsh Day”. La commemorazione si svolge presso il famoso Santuario di Knock e la giornata è diventata un evento che raccoglie numerosi giovani.
La vicenda di questo ragazzo è significativa anche perché è una testimonianza di grande fede e di esempio proprio per i ragazzi. Per tutto il tempo della sua malattia e fino alla fine ha testimoniato un grande amore per la vita. Da adolescente quale era si è trovato a scontrarsi con un atteggiamento da un bel po’ di tempo comune a molti ragazzi: un diffuso male di vivere che fa non fa trovare il senso della vita e che pone il suicidio come soluzione per fuggire dalla sofferenza.
Il suicidio giovanile e la speranza cristiana
Il giovane Donal vedeva che anche nel luogo in cui viveva, la Contea di Kerry il fenomeno del suicidio giovanile era alquanto allarmante. Nonostante a lui fosse stata diagnosticata per la terza volta una recidiva del cancro, pur sapendo che le sue condizioni di salute erano in costante peggioramento e che non c’erano effettive possibilità di ripresa, Donal non ha mai perso l’amore per la vita.

Questo derivava certamente dalla fede, che in lui era presente e lo sosteneva. Decise di scrivere una lettera che sarebbe stata diffusa ai suoi compagni di scuola dopo la sua morte. Scriveva di esser consapevole della gravità della sua malattia e che non c’erano speranze di guarigione dal punto di vista scientifico.
Circondato dalle montagne, usava questo elemento come metafora scrivendo: “Non posso girare la testa senza trovare una maledetta collina o montagna e suppongo che questi fossero i piani di Dio per me“. Scriveva che era la fede a supportarlo anche con una diagnosi così nefasta.
Strumento di Dio per amare la vita
Raccontò la sua storia in un programma televisivo e fu un discorso talmente tanto ispirato e motivazionale che come conseguenza fu di fatto registrata una netta diminuzione dei suicidi che nella sua zona erano alti. “Non sarei dove sono senza di essa [la fede]. Vedo che Dio mi ha dato questa sfida, ma potrei essere uno strumento per far apprezzare di più la vita ad altre persone”.
Era diventato questo: uno strumento del Signore per testimoniare agli altri che nell’ottica di un rapporto personale d’amore con Dio la sua volontà viene accettata, amata, adorata. Tutto si affronta, con la forza del suo Spirito.
“Se devo essere uno strumento per far apprezzare alle persone la vita, non solo per chi pensa al suicidio in particolare, ma anche per far apprezzare semplicemente di più la vita, allora sarò felice di morire, se è per questo che devo morire” diceva. Sono parole di grande fede, una grazia che gli era stata data e che riversava sugli altri.
C’erano momenti di abbattimento pensando a quella voglia di vivere frenata dalla malattia e dalla morte che sarebbe arrivata presto. Ma superava queste tentazioni, veniva liberato da esse e infatti diceva: “Devo ricordarmi che Dio si sta servendo di me; che mi sta usando come strumento per spingere le persone ad apprezzare di più la vita o che quelle montagne non fossero abbastanza alte per me, tutto ciò che so è che sto camminando con Lui, anche se lungo il suo sentiero”.