“Una piaga che noi quando nella vita abbiamo fatto dei mali, fa male. Ma è una piaga nascosta, non si vede; neppure io la vedo, perché mi abituo a portarla e poi si anestetizza. È lì, alcuni la toccano, ma la piaga è dentro. E quando quella piaga fa male, sentiamo il rimorso. Non solo sono conscio di avere fatto del male, ma lo sento: lo sento nel cuore, lo sento nel corpo, nell’anima, lo sento nella vita. E da lì la tentazione di coprire questo per non sentirlo più”.
È quindi “una grazia sentire che la coscienza ci accusa, ci dice qualcosa”. D’altra parte, ripete Francesco, “nessuno di noi è un santo” e tutti siamo portati a guardare i peccati “degli altri” e non i nostri, compatendo magari chi soffre in guerra o a causa di “dittatori che ammazzano la gente”:
“Noi dobbiamo – permettetemi la parola – ‘battezzare’ la piaga, cioè darle un nome. Dove hai la piaga? ‘Come faccio padre per tirarla fuori?’- ‘Ma prima di tutto prega: Signore, abbi pietà di me che sono peccatore’. Il Signore ascolta la tua preghiera. Poi esamina la tua vita. ‘Se non vedo come e dove c’è quel dolore, da dove viene, che è un sintomo, come faccio?’- ‘Chiedi aiuto a qualcuno che ti aiuti ad uscire; che esca la piaga e poi darle un nome’. Io ho questo rimorso di coscienza perché ho fatto questo, concreto; la concretezza. E questa è la vera umiltà davanti a Dio e Dio si commuove davanti alla concretezza”.
Quella concretezza, spiega il Pontefice, espressa dai bambini in confessione. Una concretezza di dire ciò che si è fatto, per far venire “fuori la verità”. “Così si guarisce”:
“Imparare la scienza, la saggezza di accusare se stesso. Io accuso me stesso, sento il dolore della piaga, faccio di tutto per sapere da dove viene questo sintomo e poi accuso me stesso. Non avere paura dei rimorsi della coscienza: sono un sintomo di salvezza. Avere paura di coprirli, di truccarli, di dissimularli, di nasconderli … Quello sì, ma essere chiari. E così il Signore ci guarisce”.
La preghiera finale è affinché il Signore ci dia la grazia “di avere quel coraggio di accusare noi stessi” per incamminarci sulla via del perdono.
Di Giada Aquilino
Fonte: Radiovaticana
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