Onorato da quella visita don Corrado ha chiesto all’amico Carlo Santoro (esponente della comunità di Sant’Egidio che collabora con l’elemosineria vaticana) di fare spazio al nuovo arrivato. Il pontefice si è quindi accomodato ed ha cenato con i presenti in maniera conviviale, discutendo con loro ed ascoltando le storie che avevano da raccontargli. Molti dei presenti erano dei rifugiati siriani, le loro storia erano quindi tristi, ma anche ricche di speranza nei confronti del futuro.
Uno dei momenti più gioiosi della cena è stato quando uno dei rifugiati presenti ha ricordato al papa di essere arrivato in Italia sul suo aereo. L’uomo era contento di poter parlare nuovamente con il pontefice poiché nel tempo intercorso tra il primo incontro e quest’ultimo era riuscito a trovare un lavoro ed il processo d’integrazione stava procedendo al meglio. Colpito da questa ed altre testimonianze papa Francesco ha raccontato ai presenti di aver incontrato parecchi rifugiati provenienti dal Libano e di essere rimasto colpito dal fatto che i bambini erano stati i primi ad imparare l’italiano, quindi ha aggiunto: “L’integrazione è una cosa fondamentale, perché non basta accogliere: il problema è quando non c’è l’integrazione e manca il lavoro, perché questo non dà prospettive”.
Luca Scapatello
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