Papa Francesco: Ecco i 7 nuovi testimoni di libertà e misericordia

La domenica di papa Francesco in Romania

La beatificazione di 7 vescovi greco – cattolici, concelebrando con gli ortodossi.

Papa Francesco Romania
Photo Getty Images

“Continuiamo a lottare, come lo si è fatto ai loro tempi”.

La beatificazione

Papa Francesco, durante la concelebrazione presieduta ieri mattina insieme ai fratelli ortodossi, ha proclamato beati 7 vescovi greco – cattolici: “Sono testimoni di libertà, misericordia e perdono. Oggi tocca a noi lottare come hanno fatto loro ai loro tempi” – esordisce il santo padre.

La città della coscienza nazionale romena, Blaj, unisce le due chiese, quella cattolica e quella ortodossa, per la beatificazione di 7 vescovi martiri che, ai tempi del regime comunista, non scelsero la strada dell’ateismo imposta, ma sacrificarono la loro vita per amore di Cristo. La commozione di papa Francesco davanti a 80mila fedeli, molti dei quali all’epoca solo dei bambini, ma che hanno anche loro subiti le persecuzioni del regime.

I 7 nuovi beati

Ma chi sono i 7 nuovi beati? Mons. Vasile Aftenie, mons. Valeriu Frentiu, mons. Ioan Suciu, mons. Tit Liviu Chinezu, mons. Ioan Balan, mons. Alexandru Rusu, card. Iuliu Hossu: non 7 drappi differenti, posti al momento della loro beatificazione, ma un unico e solo drappo che li ritrae tutti insieme.

Papa Francesco ricorda il loro martirio e la loro sofferenza nella sua omelia: “Queste sono terre che conoscono bene cosa sia la sofferenza, quando il peso di un regime di oppone a quello della vita libera e non lascia spazio nemmeno alla religione. Voi avete sofferto fino all’annientamento. Ma di fronte alla ferocia del regime, questi 7 vescovi hanno dimostrato una fede e un amore esemplare”.

Una particolarità che ha toccato il cuore di Francesco: la sedia liturgica usata da lui per presiedere la celebrazione è stata montata e creata con le sbarre di ferro delle 7 celle dove erano stati rinchiusi i nuovi beati, mentre il calice e l’evangeliario appartenevano a mons. Frentiu, il più anziano dei 7: “Dio li ha mandati in queste tenebre di sofferenza per donare perdono e conversione per tutti. Il loro è stato un atteggiamento di misericordia verso i loro aguzzini. Hanno vinto la morte e il rancore con la carità e con il perdono, vivendo con coerenza la loro fede cristiana”.

Vi incoraggio a portare la luce del Vangelo ai nostri contemporanei e a lottare come hanno fatto questi nuovi beati contro le nuove ideologie che sorgono” – ha detto, in conclusione, papa Francesco.

La storia dei 7 nuovi beati

La persecuzione scatenata contro la comunità greco – cattolica in Romania nel 1948 è stata fra le più sanguinose: una repressione che ha visto passare, nel giro di poco tempo, i fedeli cristiani da oltre il milione a poco più della metà. In questo scenario di presenta il martirio del 7 nuovi beati proclamati da papa Francesco.

Essi, soprattutto con la forza della loro fede, riuscirono a sopravvivere alla prigione, ma morirono a causa delle terribili condizioni in cui vissero durante il domicilio coatto. La chiesa ortodossa, già alcuni decenni prima della Seconda guerra Mondiale, era tornata in piena comunione con quella cattolica; in Romania, la formale unione si ebbe con le chiese greco – cattoliche – romene. Quando nel 1945 i comunisti filo – sovietici presero il potere in Romania, cercarono di ridimensionare quanto più possibile il ruolo della chiesa e della religione sulla società.

Furono lanciate campagne diffamatorie contro il Vaticano e contro i cattolici, ma la risposta della chiesa di Romania fu la preghiera e la piena fedeltà al Papa. Pian piano, per i 7 vescovi, si aprì davanti a loro la strada del martirio. Il governo iniziò a confiscare chiese, monasteri e tutto ciò che apparteneva alla chiesa. Molti furono i fedeli che abbandonarono la loro fede, anche solo per paura.

La forza e la fede di 7 vescovi, però, fu la luce in quel mare di oscurità. Furono imprigionati, ma la loro forza riuscì a farli sopportare la crudeltà della prigione. Alcuni di loro riuscirono a superare le precarie condizioni alle quali erano costretti a vivere in cella, altri invece lì morirono. Tutto, però, senza mai abbandonare la fede in Cristo.

ROSALIA GIGLIANO

Fonte: vaticannews.va

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