Padre Stephen, il sacerdote finito in carcere per aver difeso il diritto alla vita

Padre Stephen, il sacerdote finito in carcere per aver difeso il diritto alla vitaPadre Stephen è un sacerdote che è finito in carcere per difendere la vita di un nascituro e che oggi forte di quell’esperienza sostiene con ancora maggiore convinzione la lotta contro l’aborto, le cliniche e gli ordinamenti che lo permettono. La storia di padre Stephen è quella di un uomo che in gioventù ha peccato e con il passare del tempo ha compreso che quell’errore poteva essere perdonato solo lottando per la vita. Quando ancora era un ragazzo ha convinto la sua fidanzata ad abortire, ma quella scelta gli è pesata al punto da portarlo a rompere con lei ed ad interrogarsi per oltre 30 anni su come lenire la ferita che questa scelta aveva lasciato sulla sua anima. Il sacerdote ha compreso il da farsi quando si è imbattuto in un ragazzo che discuteva con la fidanzata sulla scelta di abortire, in quel momento ha capito che come lui c’erano tanti giovani che prendevano una scelta così complessa senza avere l’esperienza necessaria per farlo. Così dopo aver chiesto scusa alla fidanzata dell’epoca le ha chiesto il permesso di diventare sacerdote per lottare contro l’aborto ed una volta ottenuto è entrato in seminario.

La sua lotta per la vita è cominciata quando a 53 anni è stato ordinato sacerdote ed entrato a far parte dell’associazione pro life Red Rescue (Soccorso Rosso) ed ha cominciato, insieme ad altri volontari, ad entrare nelle cliniche abortiste per convincere le donne a ripensarci. Questa sua missione gli è persino costata una settimana di carcere, ma questo non gli impedisce ancora oggi di lottare in favore della vita.

Padre Stephens, in carcere per difendere il diritto alla vita: “E’ stato un onore andare in carcere per difendere i bambini”.

Il suo impegno di volontariato nell’associazione pro life lo ha condotto in una clinica per aborti a Washington nella quale è voluto rimanere ad ogni costo nonostante il personale lo avesse avvertito dell’arrivo delle autorità. Finito di fronte al giudice dopo essere stato portato in centrale, il parroco è stato condannato ad una settimana di carcere in base alla legge del ’94 che impedisce a chiunque di interferire con la scelta di aborto di una donna.

Di quell’esperienza il sacerdote non si pente ed oggi, come riportato in un articolo di Aldo Maria Valli sull’argomento, dice: “È stato un onore andare in carcere per aver cercato di difendere i bambini. Tutto ciò mi dà una voce ancora più forte”. In quella settimana padre Stephen è stato in compagnia di altri 3 carcerati con i quali ha parlato di aborto ed ha pregato: “Nessuno mi ha affrontato in modo negativo per il mio essere a favore della vita. Non userò il loro linguaggio colorito, ma molti mi hanno detto di essere fortemente contrari all’aborto”. Grazie a questa esperienza il parroco è ancora più deciso nella lotta all’aborto poiché come detto al giudice durante l’udienza: “I bambini che vengono abortiti non hanno voce in un’aula di tribunale. Ogni giorno migliaia di loro vengono uccisi e il governo non solo legittima l’omicidio di massa, ma lo finanzia con i nostri soldi.

Luca Scapatello

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