Ora di religione a scuola: c’è chi vuole abolirla per sempre

L’ora di religione torna al centro del dibattito politico e, a difendere l’insegnamento, stavolta, è addirittura un sindacato.

Tutto è nato dalle dichiarazioni delle senatrici di L’Alternativa C’è, Bianca Laura Granato e Luisa Angrisani

Pregiudizi ideologici

Dopo aver criticato assieme alla collega l’equiparazione della laurea magistrale in scienza delle religioni con la laurea magistrale in scienze storiche, scienze filosofiche e in antropologia culturale ed etnologia (prevista da un emendamento al dl 44/21), la senatrice Granato ha invocato l’abolizione dell’“insegnamento della religione cattolica” e la sua sostituzione con “insegnamenti laici. Per farlo sarebbe necessaria una modifica del Concordato del 1984.

La posizione della Granato è stata definita “mossa da pregiudizi ideologici” dalla Uil Scuola Irc. La senatrice dimostra “ancora una volta di non comprendere l’argomento”, perché, a differenza di quanto lei afferma, non sarà possibile per gli insegnanti di religione insegnare altre discipline alle scuole statali.

Infatti, continua la nota del sindacato, “i titoli Pontifici non danno accesso ad alcuna classe di concorso”. Inoltre, “gli insegnanti di religione cattolica possono insegnare altro solo se in possesso di altri titoli statali e dei cfu richiesti”, rammenta Uil Scuola.

Secondo il sindacato, dietro la “disinformazione” diffusa dalla senatrice ex pentastellata, ci sarebbe un “argomento non compreso”, ovvero “la volontà di modifica del concordato”.

Una trovata più mediatica che sostanziale

Sembrava fossero passati i tempi delle ideologie e ci fosse maggiore capacità di dialogo e confronto, invece certa ‘nuova’ politica non fa altro che alimentare il divario tra lavoratori dello stesso comparto”, ha dichiarato il Coordinatore Nazionale Uil scuola Irc Giuseppe Favilla.

Secondo Favilla, è in atto un improbabile attacco all’articolo 7 della Costituzione” e “ad oltre 26.000 docenti della scuola italiana i quali hanno la sola ‘colpa’ di insegnare le radici culturali italiane e dell’intera Europa nell’alveo di una disciplina costituzionalmente garantita”.

Per quale motivo, si domanda il sindacalista, “un docente di religione che dovesse conseguire una laurea magistrale in scienze delle religioni o in filosofia o in storia, in aggiunta ai propri titoli pontifici (perché di questo in fin dei conti si tratta), non dovrebbe aver diritto ad essere inserito nelle graduatorie per insegnare e relative discipline?”.

In definitiva, si tratta di “una trovata più mediatica che sostanziale, con il solo obiettivo di screditare”. Un “ulteriore attacco ai docenti di religione che si vedono coinvolti in qualcosa a cui sono estranei”. [L.M.]

 

Fonte: La tecnica della scuola

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