L’intento del comunicato è quello di non far dimenticare alle persone cosa è successo in quella occasione e cosa si è verificato per Isaiah Haastrup, Alfie Evans e Inès. Sebbene i casi dei quattro bambini siano molto diversi, solo Charlie e Isahia erano malati terminali per patologie differenti, tutti e quattro non erano in una situazione di morte imminente. Se Charlie per mesi, dopo la decisione del personale medico, si è visto negato la possibilità di ricevere una cura sperimentale, gli altri hanno semplicemente smesso di respirare dopo ore, giorni che i loro supporti vitali erano stati staccati.
Sfruttando le conclusioni dell’esperta di bioetica, la professoressa Morresi a riguardo, il Movimento per la vita di Perugia si chiede se questi casi in cui i tribunali si sostituiscono ai genitori in simili decisioni non possano essere considerati eutanasia di stato. A conclusione del comunicato infatti si legge: “Chi ha condiviso le decisioni di medici e giudici in questi casi, ritiene veramente che si tratti di morti ‘dignitose’? Eutanasia pediatrica o ‘best interest’ del bambino inguaribile? E che dire dei genitori costretti ad assistere i propri figli morire in questo modo?”. Domande che sono tese a smuovere le coscienze, a far riflettere e cui sarebbe giusto prestare attenzione, anche perché la legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, sebbene offra meno libertà di manovra ai medici (poiché esclusivamente legata alle disposizioni del paziente), potrebbe essere un primo passo verso situazioni simili anche in Italia.
Luca Scapatello
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