Oggi la Chiesa celebra un grande riformatore, prima di tutto di sé stesso, che scelse di accompagnarsi ai più umili.
Testimone di una carità fattiva ma discreta, San Gaetano Thiene mostrò col suo esempio la via della vera riforma della Chiesa, non solo per quella del suo tempo.
«Cristo aspetta, niun si muove», ripeteva spesso Gaetano Thiene. Si riferiva alla necessaria e non dilazionabile opera di riforma della Chiesa. Un anelito simile portò alla pseudo-riforma propugnata dal monaco tedesco – e contemporaneo di Gaetano – Martin Lutero che, malgrado le forse buone intenzioni dell’inizio, finirà per spezzare l’unità della Chiesa di Cristo e sovvertire la retta dottrina.
Tuttavia la penosa frattura sortì l’effetto di obbligare tutti, a cominciare dal Santo che celebriamo oggi, a un’autocritica severa oltre che a un profondo impegno per recuperare il tempo andato perduto nella doverosa riforma della Chiesa.
Un umile riformatore della Chiesa
Gaetano nacque nelle vicinanze di Vicenza nel 1480, dalla nobile famiglia dei Thiene. Dopo gli studi di diritto a Padova, seguì la sua vocazione al sacerdozio. Ma sentendosi indegno di diventare sacerdote cercò di posticipare più che poteva il momento dell’ordinazione, tanto è vero che fu ordinato soltanto a 36 anni.
Dopo la prima esperienza pastorale nella parrocchia di Santa Maria di Malo, poco distante da Vicenza, si trasferì a Roma. Nella città eterna Gaetano svolse prima l’ufficio di notaio apostolico, e successivamente quello di segretario particolare di papa Giulio II.
A Roma toccò con mano le profonde pecche della gerarchia ecclesiastica del tempo. Così Gaetano pensò alla nascita di una nuova congregazione di sacerdoti che, conducendo vita comune come i religiosi, predicassero e vivessero la riforma dei costumi del clero.
Sarà lui stesso a tracciare le linee fondamentali della congregazione, lasciando però all’amico Paolo Carafa, vescovo di Chieti, l’onore di fondarla. Dato che nella lingua latina Chieti si chiamava Teate, la nascente congregazione prese il nome dei Teatini, come ancora oggi sono conosciuti i figli di San Gaetano Thiene. Papa Clemente VII la approvò nel 1524 e Paolo Carafa divenne il primo superiore generale dei Teatini.
Parola d’ordine: agire come il fermento
Inizialmente la Congregazione non riscosse un successo travolgente. Malgrado il numero ridotto di seguaci rivelò però una tensione e una vivacità spirituali tali da permetterle di fungere da lievito fermentatore della massa. Proprio da lì Paolo Carafa attinse la vocazione riformatrice che mise in pratica quando nel 1555 fu eletto Papa col nome di Paolo IV, avviando un’ampia e profonda opera riformatrice della Chiesa.
Quanto a Gaetano, egli visse nell’ombra e nella discrezione osservando fino all’ultimo il proprio ruolo di «fermento», occupato soprattutto della propria personale riforma in modo che, più che dalle parole, dall’esempio si diffondesse la luce della testimonianza. Per questo ai posti d’onore preferì sempre la compagnia dei derelitti e dei più poveri della società. Per loro inaugurò ospizi e fece aprire ospedali, mentre per le vittime dello strozzinaggio e dell’usura istituì i Monti di pietà.
Diventerà così un esempio vivente di ciò che dovrebbe essere davvero un ministro di Dio. Servo cioè di Gesù e dei poveri, i suoi autentici rappresentanti quaggiù sulla terra. Ringraziò gli abitanti di Venezia – dove aveva vissuto per qualche tempo – che reclamavano la sua presenza in laguna dicendo loro che «Dio è a Napoli, come a Venezia» (ma forse più nella città partenopea, dove era maggiore la presenza di povera gente). Proprio a Napoli morì nel 1547, dopo una vita spesa al servizio degli ultimi, al punto da diventare protettore dei disoccupati. Clemente X ne riconoscerà la santità nel 1671.
Preghiera a San Gaetano Thiene
O glorioso S. Gaetano, che hai amato il Signore con cuore puro ed ammirabile distacco dal mondo, intercedi presso Dio, affinché noi pure, imitando le tue virtù, possiamo raggiungere la gloria.