Costretto diverse volte all’esilio, sant’Atanasio è stato un grande difensore della fede dalle eresie del suo tempo. In avventurosi episodi ha superato molte difficoltà.

Oggi, 2 maggio, si ricorda la figura di sant’Atanasio, vescovo e Dottore della Chiesa, che lottò a lungo contro le eresie dei suoi tempi, prima tra tutti l’eresia ariana. Fu definito “colonna della Chiesa” per il grande servizio reso nel suo ministero episcopale.
Visse tra il III e il IV secolo e fu vescovo di Alessandria d’Egitto. Il Martirologio Romano lo ricorda così, tracciando i tratti più salienti della sua vita: “di insigne santità e dottrina, che ad Alessandria d’Egitto dai tempi di Costantino fino a quelli dell’imperatore Valente combattè strenuamente per la retta fede e, subite molte congiure da parte degli ariani, fu più volte mandato in esilio; tornato infine alla Chiesa a lui affidata, dopo aver lottato e sofferto molto con eroica pazienza, nel quarantaseiesimo anno del suo sacerdozio riposò nella pace di Cristo”.
Santo di oggi 2 maggio: Sant’Atanasio
Visse in un periodo di forte crisi dell’ortodossia cattolica e si trovò a doverla difendere con tutte le sue forze. La dottrina di Ario negava la divinità di Gesù, che era stata dichiarata ufficialmente nel Concilio di Nicea del 325, lui invece la proclamava e difendeva con tenacia.
Era nato ad Alessandria d’Egitto nel 295. Aveva preso parte al celebre Concilio di Nicea come diacono dell’allora vescovo, Alessandro. Alla morte di questo, nel 328, gli succedette e portò avanti il suo ministero episcopale fino alla sua morte, per ben 46 anni.
Durante questo lungo tempo le difficoltà che incontrò e le sofferenze a cui fu sottoposo, furono numerose. La discussione dottrinale veniva spesso trasformata in conflitto su questioni personali. Gli ariani, inoltre, cercarono di occupare quante più sedi episcopali e poi diedero vita a ciò che poi fu denominato come semiarianesimo.
Calunnie, offese ed esilio
Sant’Atanasio fu accusato delle più grandi nefandezze: di aver imbrogliato, di aver violentato una donna, di aver ucciso, di minare all’unicità della Chiesa. Dopo le offese e le calunnie fu la volta dell’esilio. Questo santo vescovo fu costretto a lasciare la sua terra per ben cinque volte.
Fece fronte al male di cui veniva investito e continuava comunque ad esortare al bene. Diceva infatti a quanti lo tormentavano: “Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portate il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo“.
Fu odiato anche dall’imperatore Costanzo e lo condannò più volte. Venne riabilitato solo sotto l’impero di Valente ed ebbe il sostegno e la difesa di papa Damaso.
Vicino al monachesimo
Costretto a peregrinare in lungo e in largo si avvicinò al monachesimo egiziano. Andava nel deserto a meditare. Lì approfondì la conoscenza della figura di sant’Antonio abate e di lui scrisse una Vita. Morì il 2 maggio 373 ed ebbe il titolo di “grande” per la fermezza con cui aveva agito durante tutto il suo episcopato sia contro il pericolo degli eretici che contro le ingerenze e le persecuzioni imperiali.
Denominato anche “padre dell’ortodossia“, lasciò una vasta produzione letteraria che mostra l’ampiezza del suo pensiero e la sua fede salda e forte.