Oggi 19 maggio è San Celestino V: il pontefice che rinunciò al papato

Ricordato come colui che abdicò lasciando il papato, san Celestino V fu un pontefice santo di cui si narrano in miracoli compiuti, che praticò anche la vita eremitica. 

San Celestino V
San Celestino V – lalucedimaria.it

Oggi, 19 maggio, ricorre la memoria liturgica di san Celestino V. Il Martirologio Romano lo ricorda come “celebre per fama e santità, che dopo aver praticato vita eremitica in Abruzzo, ottuagenario fu eletto Romano Pontefice, assumendo il nome di Celestino V, ma nello stesso anno abdicò dal suo incarico preferendo ritirarsi in solitudine“.

Si chiamava Pietro Angeleri e nacque a Isernia, presso Campobasso nel 1215, penultimo di 12 figli di una famiglia di contadini. Perse il padre in giovane età e la madre lo indirizzò alla vita ecclesiastica. A 20 divenne benedettino ed entrò nel convento di Faifoli in provincia di Benevento.

In lui c’era la vocazione alla vita eremitica e per tre anni visse in una grotta sul monte Palleno. Poi, ritornò a vivere in comunità e diventò sacerdote trasferendosi a Roma.

Santo di oggi 19 maggio: San Celestino V

Portato sempre verso la solitudine dell’eremitaggio anche in seguito ebbe un periodo della vita in cui ritornò, questa volta sul Monte Morrone nei pressi di Sulmona a fare l’eremita. Viveva in stretto ascetismo nutrendosi di preghiera e praticando molti digiuni e mortificazioni.

Il suo stile di vita attirò vari discepoli che si unirono a lui e con essi si trasferì sulla Maialla. Si costituì un gruppo intorno all’oratorio dello Spirito Santo e nel 1264 furono costituiti gli Eremiti di san Damiano che ricevettero l’approvazione di papa Urbano IV. In seguito furono definiti “Celestini” dopo che lui diventò papa. Vivevano secondo la regola benedettina che interpretavano in maniera molto rigorosa.

San Celestino intervenne personalmente quando al Concilio di Lione si volevano porre limitazioni ai nuovi ordini religiosi. Ebbe la conferma dell’approvazione per la sua congregazione da parte di Gregorio X e i monasteri fondati da lui aumentarono in numero.

Tra eremitaggio e vita pubblica

La sua vocazione rimaneva eremitica e a periodi si ritirava in solitudine preferendo quello stile di vita. I monasteri erano diventati 36 e c’erano 600 tra monaci ed oblati. Anche all’interno del monastero amava la solitudine e trascorse anche un tempo di oltre 1 anno senza uscire dalla sua cella. Nei momenti in cui si dedicava alla vita comunitaria aveva modo anche di ricevere i laici che andavano da lui per ricevere consigli.

Era ormai anziano quando alla morte di papa Niccolò IV, nel 1292, dopo una sede vacante di 27 mesi perché non si riusciva ad eleggere il nuovo papa per divergenze insanabili, fu eletto lui. Oltre ad essere eremita, san Celestino aveva la fama di grande taumaturgo. Fu scelto anche se era poco conosciuto ai più. Andarono a proporgli la nomina sulle montagne della Maiella.

Aveva oltre 80 anni ed accettò per le pressioni dei suoi confratelli. Dopo l’elezione si trasferì per un po’ di tempo all’Aquila, entrandovi in groppa ad un asino. Prese il nome di Celestino V. Non conosceva la lingua latina e non aveva fatto studi teologici e giuridici. Non aveva nessuna esperienza nel campo politico e diplomatico. Gli era difficile governare la Chiesa.

Molti approfittarono della sua inesperienza e semplicità e si era creato un clima che gli fece comprendere di non essere all’altezza di quel compito. Diceva soffrendo: “Dio mio, mentre regno sulle anime, ecco che perdo la mia“. Dopo aver consultato degli esperti decise di abdicare, fece un atto di rinuncia al potere pontificale e una costituzione che riconosceva al pontefice la facoltà di dimettersi.

Convocò il concistoro, ordinò ai presenti di non interromperlo, poi con voce alta e ferma lesse la sua rinuncia “per causa di umiltà, di perfetta vita e preservazione di coscienza, per debolezza di salute e difetto di scienza, per ricuperare la pace e la consolazione dell’antico vivere“. Morì il 19 maggio 1296 cantando salmi. Fu canonizzato nel 1313.  Le sue reliquie sono conservate nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila.

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