Oggi 18 maggio è San Felice da Cantalice: chiedeva l’elemosina lodando Dio

Frate cappuccino con un temperamento mistico, san Felice da Cantalice svolgeva il compito di elemosiniere con gratitudine verso tutti, tanto che era chiamato “Frate Deo gratias”.

San Felice da Cantalice
San Felice da Cantalice – lalucedimaria.it

Il 18 maggio si ricorda san Felice da Cantalice,  frate cappuccino del XVI secolo, la cui santità si esprimeva massimamente nei tratti dell’umiltà e della semplicità. Nato in provincia di Rieti, a Cantalice, la località con cui viene ricordato, nel 1515 con il nome di Felice Porro, apparteneva ad una famiglia povera di contadini.

Di lui si sa che fin da giovanissimo lavorava coltivando la terra. Si trasferisce presto a Cittaducale a servizio da una famiglia ricca per svolgere il lavoro di contadino e di pastore. Da ragazzo rischia di morire perché viene travolto da alcuni cavalli, ma miracolosamente ne esce illeso. Nel 1554 diventa frate cappuccino dopo aver fatto il noviziato a Fiuggi.

Dopo aver emesso i voti nel convento di san Giovanni Campano si trasferisce a Tivoli e a Viterbo-Palanzana, e in seguito, nel convento romano di san Boneventura. È a Roma che diventa amico del grande san Filippo Neri.

Santo di oggi 18 maggio: San Felice da Cantalice

La sua vita fu improntata da un’estrema semplicità. Per oltre 40 anni svolse il compito di questuante, chiedendo l’elemosina e raccogliendo così pane, frutta e fave da distribuire ai confratelli e agli affamati. Chiedeva per aiutare i poveri e i malati, tutti coloro che erano nel bisogno. Lo faceva con una grazia che conquistava gli altri.

Infondeva amore e pace in chi si accostava a lui. Aveva qualcosa da dare anche agli animali, dispensava sempre anche poche briciole ai volatili che lo accompagnavano festosi nelle sue peregrinazioni. Per quasi tutta la vita camminò scalzò. Accettò di portare dei sandali solo in tarda età. Viveva secondo un rigoroso stile di vita improntato all’ascetismo.

Ciò che lo caratterizza è una grande serenità che trasmette anche quando chiede la questua. Ringrazia tutti nel nome del Signore, benedice. Le sue parole sono “Deo gratias” ed è per questo che viene soprannominato “frate Deo gratias”.

Il Santo dei fanciulli e i prodigi

Questo santo che ha come tratto distintivo l’umiltà è anche rivestito di doni mistici e ha la fama di taumaturgo. Si dice che compie numerosi miracoli e si raccontano tante guarigioni di giovani e bambini. Si dedica a questi con particolare attenzine e con loro si intrattiene in giochi, canti, racconti di favole. Sempre parla di Gesù e ai poveri regala il pane.

Per questo viene definito anche il “Santo dei fanciulli”.  Tra i prodigi che si verificano per sua intercessione si racconta dell’aiuto ai contadini: in piena estate scaturì l’acqua da una sorgente in tempi di siccità. Ma anon solo: con delle foglie intrise d’acqua salvò un allevamento di bachi da seta infestato dai parassiti.

Nel periodo di Natale costruiva un piccolo presepe nella sua celletta e si narra che una volta, rapito in un’estasi mistica pregando davanti ad un’immagine della Madonna le chiese di poter tenere in braccio il Bambino Gesù. Venne accontentato.

Nonostante fosse completamente illetterato non avendo mai avuto la possibilità di andare a scuola e studiare faceva delle omelie infarcite di poesie e proverbi. A Roma fece amicizia con san Filippo Neri. È nella città eterna che morì nel 1587. I suoi resti sono custoditi nella Chiesa dell’Immacolata Concezione.

È considerato protettore dei bambini e degli allevatori dei bachi da seta, per il prodigio che lo vide protagonista. Inoltre viene invocato per le malattie cardiovascolari.

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