Oggi 14 luglio, San Camillo de Lellis | Eroe della carità più delicata e necessaria

San Camillo de Lellis, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria, ha fatto della carità verso i malati e gli infermi la sua ragione di vita. 

Abbandonò la spada del mercenario per diventare l’araldo della croce rossa, come il fuoco della carità. Consacrandosi a alleviare la sofferenza del prossimo, si trasformò così in patrono e modello degli infermieri.

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Camillo de Lellis, abruzzese, nasce a Bucchianico, presso Chieti, dove vede la luce il 25 maggio 1550. È il figlio di una famiglia nobile. Il padre, Giovanni, è un valoroso capitano di ventura. Ma diciamo pure un mercenario al soldo del miglior offerente. Oggi lo chiameremmo un “contractor”.

Anche Camillo, giovane inquieto e scavezzacollo, vuole seguire le orme del padre. Si arruola così al fianco del genitore mettendo la propria spada al servizio della Repubblica Serenissima di Venezia nell’esercito che sta radunando per opporsi ai turchi. Si scatena la guerra, poi vinta dalla lega cristiana e Lepanto.

Ma padre e figlio non prendono parte all’epica battaglia. Giovanni, il padre, muore a Loreto. Mentre il figlio Camillo finisce a Roma per un piede ulcerato, nell’Ospedale di san Giacomo degli Incurabili. Dove, non essendo un malato grave, per guadagnarsi il diritto d’essere curato è costretto a fare l’infermiere.

Soldato e infermiere un po’ svogliato

Ma se da soldato di ventura non spiccava per disciplina (anzi era sfaticato, attaccabrighe e devoto al gioco), da infermiere non brilla certo di più: svogliato, distratto, scansafatiche. Decisamente non uno stinco di santo.

Nauseato dalla vita ospedaliera, non attende nemmeno che il piede piagato guarisca. Eccolo dunque fare fagotto e andare in cerca di fortuna tra le fila dell’esercito di una seconda lega anti turca. Milita così in Dalmazia, poi a Tunisi, dopo essere passato al soldo degli spagnoli. Finché, nell’ottobre del 1574, non viene congedato.

Folgorato dalla Grazia tra San Giovanni Rotondo a Manfredonia

Il momento che gli cambia per la vita per sempre avviene in questo momento di “disoccupazione” che costringe Camillo a prestare servizio come manovale nel convento dei Cappuccini, a Manfredonia. E così, un giorno, cade nell’agguato più imprevedibile della sua esistenza. Mentre percorre a dorso di un asino la strada da San Giovanni Rotondo a Manfredonia viene anche lui, come San Paolo, folgorato dalla Grazia.

L’indomani, determinato a cambiare vita, chiede di entrare giovane Ordine dei Cappuccini. Ma il piede ulcerato si rimette in mezzo: la piaga si riapre di nuovo e così Camillo torna ancora all’Ospedale di San Giacomo, a Roma. Ma stavolta con animo ben diverso.

Adesso il mercenario convertito dalla Grazia vede in ogni povero malato l’immagine di Gesù sofferente. E più il malato è ripugnante, urtante, ingrato, tanto più Camillo lo assiste al suo capezzale. Con pazienza, obbedienza e dedizione infinite. Agli ammalati dice: «Non chiedetemi per favore: comandatemi, perché voi siete i miei padroni».

Agli altri infermieri non par vero. Quando hanno a che fare con s’imbattono in un malato nauseabondo e assillante glielo sbolognano volentieri. Tra di loro dicono: «Questo è un tordo per Camillo». E Camillo accorre ben volentieri. Zoppicando per il piede malconcio, ma instancabile, sollecito anche se assonnato. Risponde a tutti i malati che lo invocano, passando senza sosta da una corsia all’altra. Finché tutti chiedono di lui, non soltanto i malati. Vogliono conoscerlo anche i personaggi più altolocati di Roma, ai quali è giunta la fama di questo prodigioso infermiere.

Gesù Cristo nell’ammalato: nascono i «Ministri degli infermi»

Camillo però preferisce decisamente i poveri ai ricchi, gli ammalati ai sani. «Ditegli che abbia pazienza — fa rispondere a quelli che lo cercano —. Sono occupato con nostro Signor Gesù Cristo».

Il 1575, anno giubilare, è decisivo: gli ospedali sì affollano di pellegrini ammalati. Camillo, presi i voti, concepisce un nuovo ordine religioso totalmente consacrato alla cura dei sofferenti . Nascono così i «Ministri degli infermi». Ministri – cioè servi – dei malati, con un distintivo: una croce rossa a campeggiare su una talare nera. Una croce rossa come il sangue (il sangue di Gesù) e come il fuoco (il fuoco della carità). Eterno simbolo dell’unico “imperialismo” consentito a un cristiano: quello dei martiri della carità. Così la croce rossa dei camilliani diventa il simbolo della più cristiana delle Crociate: la lotta senza quartiere al male fisico e morale (il peccato).

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L’approvazione papale, la morte e la canonizzazione

Il 26 giugno 1596 Sisto V approva la «Compagnia dei ministri degli infermi. Camillo, il capitano dell’esercito della carità, trascorre il resto della sua esistenza a assistere malati. Muore a Roma il 14 luglio del 1614, alla Maddalena, casa madre dell’Ordine. Sette anni prima aveva lasciato l’incarico di superiore generale, per poter continuare a dedicarsi anima e corpo agli ammalati.

Nel 1746 viene canonizzato, e nel 1886 la Chiesa lo proclama patrono dei malati, degli infermieri e degli ospedali assieme a Giovanni di Dio, un altro gigante della carità che ha speso la sua vita per gli ammalati.

Preghiera a San Camillo

Glorioso San Camillo, protettore speciale dei poveri infermi, che per quarant’anni, con una carità veramente eroica, vi consacraste al sollievo delle loro spirituali e corporali miserie, vogliate soccorrerli anche più generosamente ora che siete Santo in cielo e che essi furono confidati dalla Chiesa alla Vostra protezione.
Ottenete loro, da Dio, la guarigione dei mali che soffrono, o la pazienza e la rassegnazione cristiana che li santifichi e li conforti nell’ora del loro passaggio, ed in pari tempo impetrate a noi la grande grazia di vivere e morire a Vostro esempio nella pratica del Divino Amore.

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