I Santi Giacinto e Proto vengono ricordati insieme: erano fratelli ed entrambi hanno evangelizzato, anche i nobili, fino a condividere la sorte del martirio.
Fratelli e insieme testimoni della fede, i Santi Giacinto e Proto, condividono anche la memoria liturgica, oggi 11 settembre. Hanno vissuto verso la fine del III secolo, con buona probabilità, non si hanno infatti dati assolutamente certi sulla collocazione temporale in cui si inseriscono.
I loro nomi risultano nella Deposytio Martyrum e lì è riportato anche il giorno della loro morte, avvenuta tragicamente come martiri per la fede in Cristo. Si colloca quindi in un 11 settembre, anche se non si conosce esattamente l’anno.
I Santi Giacinto e Proto vivevano a Roma. Di loro si apprende che erano schiavi e prestavano servizio presso la dimora di una nobile, Eugenia, figlia del prefetto di Alessandria d’Egitto, Filippo. Non si sa come vennero a contatto con il cristianesimo e i dettagli che li portarono alla fede: se l’avessero ricevuta fin da bambini o se fu frutto di una conversione ad una certa età.
Fatto sta che i due fratelli erano cristiani e nonostante la loro condizione di schiavitù professavano la fede e si adoperavano per evangelizzare. Annunciavano il Vangelo e la loro testimonianza affascinava e colpiva. Riuscivano a trasmettere l’amore di Dio e si dice che la loro padrona si era convertita grazie a loro. Ma non solo: anche altri nobili avevano abbracciato il cristianesimo dopo aver sentito evangelizzare i due fratelli.
Tra i nobili che si convertirono c’era Bassilla, un’amica di Eugenia, che per questo fu denunciata dal suo fidanzato. È in quest’occasione che anche i Santi Giacinto e Proto furono arrestati perché coinvolti e considerati i fautori della conversione della nobildonna.
La condanna a morte arrivò inesorabile per tutti loro e probabilmente fu preceduta anche dalle torture e dai tentativi di indurli all’abiura da parte dei persecutori. I due santi fratelli non cedettero e morirono entrambi per decapitazione.
Non è assolutamente certo, però, che gli fu mozzata la testa, perché secondo alcune fonti furono bruciati vivi dopo esser stati brutalmente bastonati. Ciò che emerge come dato più certo è che sepolti nel cimitero di Basilla lungo l’antica via Salaria a Roma.
In un periodo di tempo tra l’VIII e il IX secolo quando per ordire dei pontefici dell’epoca avvennero le traslazioni di molti resti di santi martiri, anche ciò che rimaneva delle spoglie mortali di questi due fratelli martiri furono traslate e portate nel cimitero di Sant’Ermete.
Ciò avvenne in più tempi e separatamente: le reliquie dei due non furono trasportate insieme e neppure tutte quelle dell’uno e dell’altro, ma in più volte. Si hanno tracce della loro presenza presso presso l’altare dei Santi Cosma e Damiano nella Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Roma.
Sebbene non ci siamo molte informazioni su di loro, ciò che attesta il loro martirio è certamente l’iscrizione fatta da papa San Damaso, colui che si occupò di rendere omaggio ai santi martiri che lo avevano preceduto.
L’iscrizione di questo santo pontefice che ha fatto così tanto per la memoria dei testimoni della fede recita testualmente: “Te Protum retinet melior sibi regia coeli sanguine purpureo sequeris yacinthe probatus germani fratres animis ingentibus ambo. Htc victor meruit palman prior ille coronam”.
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