Oggi celebriamo uno dei più grandi cantori della misericordia divina, oltre che uomo di smisurato talento e di immensa dottrina.
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, senza curarsi troppo delle sue nobili origini, si impegnò soprattutto a elevare dalla miseria spirituale, morale e materiale le classi più umili della popolazione, da tutti disprezzate e dimenticate.
Conosciuto soprattutto per essere l’autore del toccante canto «Tu scendi dalle stelle», eseguito la notte di Natale, Alfonso Maria de’ Liguori nasce il 27 settembre 1696. Talento precoce nello studio, questo rampollo di una nobile famiglia napoletana eccelle in ogni disciplina.
Ha soltanto diciassette anni quando consegue la laurea in diritto civile e diritto canonico, diventando il più giovane avvocato in città. Ad attenderlo sembra esserci una luminosa carriera forense. Ma un’inaspettata disavventura giudiziaria cambia quello che sembrava un giardino già scritto. Accade infatti che un documento presentato all’ultimo dimostri che una documentazione prodotta (in totale buona fede) da Alfonso per difendere un imputato sia da considerarsi in realtà una falsificazione.
L’episodio scuote le certezze del giovane avvocato, compresa la sua fiducia nella giustizia terrena. Matura così in lui il proposito di volgersi alla giustizia ultraterrena, l’unica che non deluda. Dismessa la toga da avvocato, indossa dunque la talare sacerdotale.
Un testimone della misericordia di Dio
Alfonso si dedica inizialmente alla predicazione in mondi a lui prima pressoché ignoti in precedenza: il mondo della povera gente dei bassifondi di Napoli, tra i «lazzaroni» che campano di espedienti, e quello delle campagne dove vivono invece i «cafoni». Insomma, si dedica anima e corpo al popolino disprezzato e abbandonato da tutti (clero compreso) alla sua miseria, oltre che alla superstizione e all’ignoranza.
Per aiutare e educare i poveri dimenticati Alfonso fonda la congregazione del «SS. Redentore», approvata nel 1749 da papa Benedetto XIV. I suoi membri verranno chiamati «redentoristi». La missione presso i poveri non si rivela peraltro di impedimento ai suoi approfonditi studi di teologia morale. Dal suo impegno nascerà la celebre Theologia moralis, nella quale Sant’Alfonso contrappone al rigido rigorismo giansenistico la misericordia e la compassione.
Un’altra opera fondamentale del Santo partenopeo è Apparecchio alla morte, meditazione ascetica che insiste sulla necessità di istruire i fedeli sui Novissimi (morte, giudizio, Inferno, Paradiso) e aiutare le anime a vivere e a morire in grazia di Dio.
Protettore dei confessori e dei moralisti
Successivamente arriverà per lui la nomina a vescovo della diocesi di Sant’Agata dei Goti, retta per dodici anni dal 1762. Ormai quasi cieco e pressoché sordo, nonché sofferente di una grave artrosi, si vede costretto a ritirarsi a Nocera de’ Pagani nella casa dei suoi confratelli. Qui trascorre i suoi ultimi anni di vita, nel silenzio e nella preghiera. Muore il 1° agosto 1787, a 91 anni di età.
Papa Gregorio XVI lo canonizza nel 1839 e nel 1871, quando ancora non era passato un secolo dalla sua morte, Pio IX lo dichiara Dottore della Chiesa. Pio XII nel 1950 gli conferisce invece il titolo di protettore dei confessori e moralisti.
