Non c’è un solo modo di pregare

Non c’è un solo modo di pregare
Canto

Non c’è un solo modo di pregare, come non c’è un solo modo di trovare Dio.
Certo è che l’esistenza dell’uomo, senza il proprio Dio, si priverebbe di ogni autentico significato e rinuncerebbe ad un più profondo senso spirituale della vita stessa.
Oltre ad usare le parole, che vengono espresse, in più modalità, in lungo e in largo, nelle Sacre Scritture, per descrivere fatti e situazioni, c’è un altro modo per pregare e ricorrere a Dio, esprimendo un gamma di sentimenti e intenzioni, che vanno alla lode alla supplica, dalla gioia al dolore: cantare.

Cantare è un modo per apprezzare e diffondere la Parola di Dio. I Salmi, ad esempio, spesso vengono cantati e il Vangelo ci ricorda che Gesù, assieme agli Apostoli, li cantava.
“Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi”, si dice nel Vangelo di Matteo; mentre Luca racconta di Paolo e Sila, che “verso mezzanotte, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli”.

E San Paolo scrive: “La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali”.

Cantare esprime, comunque, un’affezione a Dio e dona senso alle nostre intenzioni di preghiera. L’uomo, a rifletterci bene, è predisposto a cantare, avendo a disposizione i suoi “strumenti interni”, l’addome, i polmoni, le corde vocali, la bocca.

Dunque, come nel Libro della Genesi, Adamo, che stava enumerando e nominando animali e piante, della creazione appena realizzata da Dio, di fronte alla donna trovò le parole migliori per esprimere di aver trovato la sua compagna di vita (“Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna”), il canto diventi per noi un modo di pregare e di esaltare il valore stesso della nostra preghiera, quando le parole non rendono abbastanza.

Antonella Sanicanti

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