Essendo diventati di dominio pubblico, i casi di Charlie Guard e di Alfie Evans hanno sollevato l’opinione pubblica contro la pratica della sospensione dei supporti vitali ai malati terminali senza il previo consenso dei parenti. Ma se questi sono gli episodi noti, inchieste dimostrano come la pratica sia molto radicata e migliaia di pazienti prima di Alfie e Charlie sono morti nello stesso modo, senza che i loro casi si conoscessero a livello mondiale.
Per anni, infatti, gli ospedali britannici hanno seguito le linee guida tracciate dal ‘Liverpool care pathway for the dying patient‘ che prevedeva in sostanza la sospensione dei supporti vitali in casi ritenuti senza speranza con la giustificazione di fare il miglior interesse del paziente. Sin dal 2012, anno in cui le linee guida sono stata tracciate, i giornali britannici hanno riportato storie di pazienti anziani e meno anziani sottoposti a simile pratica, ma sebbene questo abbia generato un generale dissenso, l’unico cambiamento apportato alle linee guida è stato quello di giudicare caso per caso invece di tenere una sola direzione per tutti i pazienti.
Il protocollo per i bambini e la polemica
Nel 2015 apparse un simile protocollo di comportamento anche per i bambini chiamato ‘Liverpool Pathway for Dying Child‘. L’approvazione di queste linee guida non suscitò polemiche, che invece scoppiarono poco dopo quando venne scoperto che tra i pazienti sottoposti alla sospensione dei trattamenti ce n’erano stati 60.000 i cui parenti non erano stati informati dall’ospedale prima che questa venisse applicata.
Il caos mediatico generato da questa scoperta ha portato il governo britannico a decidere per l’abolizione delle precedenti linee guida in favore di una analisi caso per caso dei pazienti. Nella decisione non è compresa l’abolizione della possibilità, da parte dei medici, di decidere se il paziente deve o meno essere staccato dalle macchine ed i casi di Alfie e Charlie ne sono la diretta testimonianza. Per la legge britannica, dunque, non è scorretto decidere nel miglior interesse del paziente di sospendere i trattamenti, ma solo non informare i parenti della decisione.
Ciò nonostante, una recente ricerca effettuata dal dottor Ahmedzai, presidente del National Institute for Health and Care Excellence, ha dimostrato come lo scorso anno su 200.000 pazienti a cui hanno staccato la spina, le famiglie di ben 40.000 non sono state avvisate dell’inizio della procedura. Ci troviamo di fronte ad una chiara stortura del sistema sanitario britannico che va chiarita e risolta, in questo caso si per il miglior interesse del paziente e della sua famiglia.
Luca Scapatello