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Non si chiacchiera e non si applaude nel tempio di Dio: parola di Papa

La Messa è finita. Andate in pace. Rendiamo grazie a Dio. Nel senso che abbiamo appena consumato il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore e che dovremmo davvero soffermarci un po’ in silenzio e raccoglimento, per ringraziare, per stare con Gesù, che, in maniera così umile, si è degnato di venire in noi così peccatori.

A queste ultime battute della messa, invece, tutti si muovono, tutti si affrettano a parlare… la Chiesa diventa una piazza di mercato e nessuno più si ricorda del padrone di casa. Missione compiuta! Sono stato alla messa della domenica, come dice il comandamento. Ora sono a posto e torno a vivere la vita del mondo…

Oppure, alle ultime battute della messa seguono applausi. Lo spettacolo è terminato e alcuni spettatori sembra abbiano apprezzato…! Una messa come un bello show gratuito…

Una messa vissuta bene lascia nel cuore amore e pace e così forte è la loro presenza in noi che non possiamo – se non rinnegando così grande grazia! – far altro che conservare queste cose con gelosia nel nostro cuore.

Gli applausi e le chiacchiere rumorose dimostrano che molti neppure conoscono le regole di base che la Chiesa detta per il rispetto della liturgia, che è sacra e non un rito, e per trovarsi al cospetto di Dio. E non regole per opprimerci, ma per rispettare il tempio di Dio. (Sotto vi proponiamo anche un altro registrazione di Giovanni XXIII in proposito…).

Padre Serafino Tognetti, monaco e primo successore di don Divo Barsotti alla guida della Comunità dei Figli di Dio, non può fare a meno di rilevarlo nel suo provocatorio volumetto. Un testo denso di stupore per il paradosso del cristianesimo la cui forza si sprigiona nella debolezza («Cercate voi in tutta la letteratura di tutto il mondo, antica e moderna, studiate tutte le religioni del mondo e ditemi se trovate un re-agnello o una divinità che si faccia mite, vittima»), ecco alcune osservazioni appassionate sulla realtà sconfortante di certe messe odierne. Sotto la sua lente finisce quindi l’uso «ultimamente in voga» di applaudire in chiesa.

Papa Joseph Ratzinger nell’Introduzione allo spirito della liturgia aveva tuonato: «Là, dove irrompe l’applauso per l’opera umana nella liturgia, si è di fronte a un segno sicuro che si è del tutto perduta l’essenza della liturgia e la si è sostituita con una sorta di intrattenimento a sfondo religioso».
Sulla stessa scia padre Tognetti: «Il tempio di Dio non è il luogo degli applausi. Con l’applauso si sposta l’attenzione: si celebra l’uomo al posto di Dio». Non siamo di fronte a un cantante, a un calciatore o a un funambolo del circo, rimarca con ironia l’autore. «Nessuno applaude nel rimirare estasiato un tramonto sull’oceano, o nell’osservare ammirato il volo degli uccelli nel cielo. L’applauso è sempre in relazione agli uomini, quando fanno qualcosa di bello, qualcosa che ci piace».

Ma il protagonista per eccellenza della celebrazione è Gesù: “Probabilmente sotto la croce a nessuno venne in mente di applaudire. Nel momento della Resurrezione, poi, non c’era nessuno, e se c’era dormiva (le guardie). E nella Messa non succede la stessa cosa: morte e Resurrezione? La Messa è il Sacrificio di Cristo, non altro, da vivere con timore e tremore, nella preghiera, nell’adorazione, nella lode…».
La verità è che si smarrisce quell’atteggiamento di meraviglia e composta gratitudine che dovrebbe avere il fedele e tra-sformiamo la chiesa in un teatrino molto umano» annota amaramente Tognetti. Per non parlare di ciò che accade dopo la benedizione: «Ci rimango sempre male quando dopo aver detto ‘La Messa è finita, andate in pace’, l’assemblea si trasforma in un mercato…». O quel che avviene nelle Messe nuziali: «Sono ancora matrimoni o sedute fotografiche?». […]

Titolo originale: Applausi in chiesa. Si usa con nonchalance, ma non va bene. Padre Serafino Tognetti spiega perché.

Sandra Fei

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Sandra Fei

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