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Non sempre le prove sono un castigo , ecco perché

Avrete sentito tante volte dire al vostro sacerdote o al vostro catechista che la misericordia divina è infinita. Il motivo per cui gli si attribuisce tale sconfinato potere è perché il progetto di Dio è quello di riconciliare ogni creatura con il proprio creatore. Vi chiederete per quale motivo allora esista il castigo e per quale motivo la punizione divina non possa essere considerata contraria alla misericordia (se rimanessimo in ambito strettamente umano si tratterebbe dei due opposti) Ebbene una risposta interessante a questo quesito la fornisce un redattore del sito online ‘Campari&DeMaistre’ in un articolo in cui definisce anche il castigo divino come misericordia:

“Il libero arbitrio nobilita l’uomo a tal punto che gli permette di scegliere in piena libertà. Questo significa che l’uomo ha la possibilità di peccare separandosi dalla grazia celeste, ma (anche) tramite il castigo Dio realizza il processo misericordioso di ricondurre il peccatore disperso al Padre. Dio non è ontologicamente diviso tra Misericordia e Giustizia, sicché una volta è giusto e una volta è misericordioso, perché Dio è sempre lo stesso, ‘è lo stesso ieri, oggi e sempre’ (Eb, 13, 8). Proprio per il fatto che è misericordioso Egli è anche giusto, e viceversa”.

Il redattore dunque riconduce il peccato ad un cattivo utilizzo del nostro libero arbitrio, concessoci per misericordia divina, e colloca la punizione divina nell’ambito della giustizia, altra caratteristica del Supremo che non collide ma si unisce a quella dell’essere misericordioso. L’autore, però, non si ferma a questa affermazione sommaria, ma procede ad un successivo ragionamento passando a parlare del Castigo. Questo viene definito come un espediente necessario affinché il peccatore si renda conto dell’errore e timoroso del castigo torni sulla retta via. In tal senso, ci dice, il castigo è un dono divino: “Il castigo è un dono misericordioso di Dio per condurci alla Salvezza e sottrarci alla morte dello spirito”.

Insomma il castigo divino viene concepito come un modo per esperire, un modo per comprendere che le nostre azioni conducono a delle ripercussioni, non nella vita mortale (anche se in alcuni casi le due cose coincidono) bensì in quella successiva, per tanto leggiamo: “Così Dio Padre, quando punisce, non la fa per recare dolore alla nostra anima, quanto piuttosto per risvegliare la nostra anima ed evitare che vada in perdizione”. La spiegazione è semplice ed efficace e coincide con quanto scritto in diversi passi della Bibbia che collegano la colpa al castigo. E’ lo stesso autore che di seguito, infatti, cita alcuni passi del Testo Sacro di cui vi riportiamo solo quello tratto dal libro del profeta Isaia: “Ebbene questa colpa diventerà per voi come una breccia che minaccia di crollare, che sporge su un alto muro, il cui crollo avviene in un attimo, improvviso, e si infrange come un vaso di creta, frantumato senza misericordia, così che non si trova tra i suoi frantumi neppure un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o attingere acqua dalla cisterna”.

Infine però è bene ricordare che per il cristianesimo l’errore non è una colpa, il fedele che si accorge di avere sbagliato e dimostra pentimento per l’errore è sempre accolto dal perdono di Dio padre, a questo serve la confessione la quale, unita alla preghiera ed al rinnovamento costante dell’eucaristia, può condurre non solo alla redenzione ma al distacco dal peccato.

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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