La storia biblica di Ninive richiama alla mente, immediatamente, quella del Profeta minore Giona, che, nel Libro Sacro, si mostra alquanto ostile, almeno inizialmente, al progetto di Dio: “Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: “Alzati, va’ a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me”.
Bisognava avvisare gli abitanti di Ninive che era richiesta, dal Signore Dio, la loro conversione immediata, ma Giona, invece, cercò di fuggire a Tarsis (come se potesse nascondersi da Dio) e, quando la nave su cui si era imbarcato fu investita da una tempesta, che rischiava di farla affondare, fu costretto a confessare di aver disobbedito.
Per questo motivo, i suoi compagni di viaggio lo gettarono in mare: “Che cos’hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio!”, gli aveva detto il capo dell’equipaggio. “Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra. (…) Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia. (…) Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia”.
Se non altro, la cosa servì a convertire tutto il resto dell’equipaggio, che riconobbe la potenza del Signore, nelle sue opere.
A quel punto, Dio dispose che un pesce ingoiasse Giona, che, li, rimase (nella pancia nel pesce) per tre giorni e tre notti, a riflettere sulla sua condotta. Così, cominciò a fare ammenda delle sue mancanze e a pregare Dio, che, nonostante tutto, lo aveva salvato.
Dunque il pesce riportò il Profeta, sano e salvo, all’asciutto.
Stranamente, il solo a non esserne contento dell’esito di quella predicazione, fu proprio Giona che, avrebbe voluto che Dio mostrasse la severità della sua punizione divina, anziché la sua infinita misericordia.
Probabilmente perché Giona non riusciva, umanamente, a giustificare cosa accadesse in quella città.
Ninive, infatti, situata nella parte nord della Mesopotamia, apparteneva al Regno assiro (ne fu capitale, tra l’altro, con il Re Sennacherib, tra il 704 e il 681 a.C.), notoriamente bellicoso, crudele e sanguinario con i suoi nemici. A questi (e a chiunque si ribellasse alla legge) era riservata ogni sorta di tortura: venivano scorticai vivi; mutilati di arti, orecchie, labbra, naso; bruciati sui roghi …
Strano pensare che, da quei giorni, le cose non siano cambiate di molto in quelle terre: la zona in cui Ninive sorgeva, infatti, è molto vicina a Mosul, città tristemente nota per gli attacchi dell’Isis. Nel 2015, distrussero molti reperti di inestimabile valore storico, che riguardavano proprio le antiche civiltà della regione.
Quelle terre non hanno mai avuto pace; hanno vissuto, del corso del tempo, periodi di grande splendore, alternati a momenti di devastazione assoluta.
Pare che li siano stati trovati anche i resti dello stesso Giona, oltre ad immense ricchezze e reperti ineguagliabili. Gli architetti vi avevano costruito acquedotti, sistemi d’irrigazione, reti fognarie.
Sotto oltre 6 metri di sedimenti di epoche diverse, sono state ritrovate vie, piazze, palazzi maestosi, come il “Palazzo senza Eguali”, scavato da Layard, nel 1847, e composto da 80 camere.
Vi era una biblioteca di tavolette che citavano dati storici, religiosi, avvenimenti e questioni, legali e commerciali.
A Ninive esistevano mastodontiche statue di pietra del peso 30.000 kg, che abbellivano le porte della città; bassorilievi (molti dei quali esibivano le torture volute dai Re), nonché giardini botanici che ospitavano anche piante e animali di altri territori.
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