Nel carcere ho ritrovato Cristo

 

La dottoressa Cesarina Ferruzzi ha passato la sua vita a preservare l’ambiente ed i diritti delle persone, qualche anno fa, a causa di un’accusa poi rivelatasi infondata, ha passato un periodo di detenzione in carcere ed è lì, in quella esperienza di costrizione, che ha incontrato per la prima volta Dio testimoniando questo incontro in un libro intitolato “Il cielo a Sbarre”.

 

In occasione della presentazione del suo libro la dottoressa è stata intervistata dal sito d’informazione ‘CristianiToday’, un opportunità per farsi pubblicità certo, ma anche per fare conoscere al mondo il torto subito e la sua scoperta. La prima domanda riguarda infatti l’incarcerazione avvenuta nel 2009, la dottoressa confessa di avere quei momenti impressi a fuoco nella memoria, non si sarebbe mai aspettata un arresto, avendo la coscienza apposto, così il 20 ottobre del 2009, quando sente suonare il campanello, va ad aprire e rimane scioccata di fronte ai finanzieri che le mostrano il mandato d’arresto.

 

L’accusa era di evasione fiscale: “Ho sempre proclamato la mia estraneità a tali reati. Non sono una esperta in materie fiscali,economiche ed amministrative. Mi sono sempre occupata della Direzione Commerciale e dello Sviluppo Strategico delle aziende dedite allo smaltimento e riciclaggio dei rifiuti e alle bonifiche ambientali di proprietà del Sig. Grossi, il mio capo”. Sta di fatto che su alcuni documenti c’era la sua firma e questo è bastato ad incriminarla.

 

Il periodo in carcere fu duro da subito, la Dottoressa Ferruzzi era abituata ad un tenore di vita lussuoso e quella reclusione in un ambienta angusto era una punizione insopportabile per lei. Ma non tutto il male vien per nuocere, prima dell’incarcerazione la dottoressa viveva una vita ricca e soddisfacente dal lato materiale, meno da quello spirituale, non ne sentiva il bisogno sebbene provenisse da una famiglia cattolica.

 

Il tempo scorreva inesorabile ed alcune delle collaboratrici incriminate per lo stesso reato uscivano di carcere accettando i patteggiamenti, questo la faceva sentire ancora più sola. Durante il primo periodo l’unico contatto umano che aveva erano Suor Carla e Suor Anna, sin da subito aveva provato conforto a parlare con loro e dopo un ragionevole periodo di tempo riuscì anche a confessarsi.

 

La svolta, il ritorno alla fede è avvenuto durante la messa di natale: “E il Natale arrivo’. Dopo le prove del coro da me organizzato e diretto, con l’aiuto di Suor Anna, trovammo vari strumenti di ripiego : una chitarra, due tamburelli , due piccoli banghi e due shakers. Il coro di voci non più bianche , improvvisate, di gente eterogenea che desiderava partecipare col cuore alla Messa della nascita di Cristo. La chiesa era gremita, tutti cantavano, tutte le etnie all’unisono verso nostro Signore e lui era con noi, vicino a noi, dentro di noi”.

 

Quella esperienza di comunità e fede le fece capire che il suo martirio in prigione era stato un disegno divino per farle rincontrare Dio, infatti, quando Rita Sberna le chiede cosa ha imparato dalla sua esperienza in carcere la dottoressa risponde:

 

“Cosa mi ha insegnato la detenzione?

– Aver ritrovato la fede in Cristo

– Intercettare il bene da dare

– Il senso disinteressato dell’amicizia

– Rilettura della propria esistenza in cui trovare significati sconosciuti

– Liberazione dalle sofferenze della mia vita passata

– Non odiare le persone specie quelle che ti hanno fatto del male”.

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