Ciò che è descritto delle righe successive è accaduto, anzi -potremmo dire- è stato permesso e concesso nell’Ospedale Maggiore di Parma.
Una donna musulmana aveva ricoverato la figlia nel reparto maxillo-facciale; nella stessa stanza, era ospitata una signora italiana di 89 anni.
E’ stato allora che la donna musulmana ha chiesto, per motivi religiosi, che la 89enne venisse spostata in un’altra camera: lei non poteva, a causa del suo Credo, rimanere nella stessa camera con un uomo sconosciuto!
A nulla sarebbe servito cercare di farle capire che, quell’uomo in questione (figlio o nipote della 89enne), non l’avrebbe nemmeno presa in considerazione, se non per semplice cortesia, entrando in camera e salutandola.
Per questo, ora, la sorella dell’uomo, figlia della 89enne, scrive su Facebook ed esprime, per nulla velatamente, tutto il suo disappunto: “Sono inc****** nera, mia mamma, operata ieri (il 3 Febbraio), è stata trasferita, perché la mamma della bimba ricoverata a fianco (poiché i posti in pediatria mancavano) non può stare nella stessa stanza di notte con mio fratello, che va a fare assistenza alla mamma … Dopo vari diverbi della serie: “mi dovevi avvisare che veniva un uomo”, davanti a mia madre già disorientata, si è deciso di lasciare la camera. Ma noi siamo cittadini italiani o che cosa?”. “Se non poteva fare le notti in ospedale accanto a un uomo, avrebbe dovuto chiamare suo marito, anziché farci spostare un’ anziana, per la sua religione e per evitare casini”.
Beh, gli animi si sono riscaldati abbastanza -come si può leggere- e le circostanze non depongono proprio a favore di una certa tolleranza e comprensione reciproca, non certo agevolate dalla risposta della Usl di Parma, che vuole cercare di far passare l’accaduto come “Nessuna imposizione: solo una scelta di carattere assistenziale e clinica”. “Il trasferimento della signora nella stanza a fianco, dal letto 7 al letto 9, non è ovviamente stato imposto ai famigliari della signora, ma è stato eseguito insieme a loro (…). “Ci sembra del tutto ragionevole mantenere un clima sereno e collaborativo da parte di tutti, in special modo quando questo non causa disagi ai pazienti e ai loro congiunti”.
Si comprende bene che tra le religioni si proponga un profondo dialogo, che -si spera- prenda forma e consistenza al piĂą presto.
Auspichiamo solo che, nel frattempo, non dobbiamo essere noi, i soliti cristiani, a pagarne lo scotto.                                                     Antonella Sanicanti
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