All’epoca del primo viaggio, infatti, Monsignor Hoser aveva sottolineato che l’importanza di quel luogo di pellegrinaggio era innegabile e, addirittura, paragonabile ad altri luoghi di culto mariano come Lourdes: “Se a Medjugorje vanno 2 milioni di pellegrini l’anno a Lourdes ne vanno 6, ma Lourdes esiste da più di 150 anni. Megiugorje ha solamente 36 anni di anzianità”.
Trattandosi di un luogo di culto recente è chiaro che i numeri registrati (per affluenza) da Medjugorje sono notevoli ed era giunto il momento di dare una direzione a quel luogo di pellegrinaggio. Dopo aver chiarito le finalità del suo viaggio, l’alto prelato ha parlato delle caratteristiche del paesino bosniaco smentendo che si tratti solamente di un luogo di culto mariano: “Comunemente si dice che Medjugorje è un luogo di culto mariano, ed è vero. Ma, se andiamo in profondità, vediamo che a Medjugorje il culto è essenzialmente cristocentrico, perché ha al centro la celebrazione dell’Eucaristia, la trasmissione della Parola di Dio e l’adorazione del Santissimo Sacramento”.
In poche parole monsignor Hoser ha confermato che nella diocesi bosniaca Cristo e la parola di Dio sono messi al centro della pastorale. Il secondo punto toccato è quello dei frutti religiosi che maturano a Medjugorje sui quali ha detto: “E’ un terreno molto fertile. In questi anni sono state enumerate seicentodieci vocazioni religiose e sacerdotali d’ispirazione Medjugorjana”, sottolineando in seguito come il Paese che ne ha beneficiato di più sia proprio l’Italia.
Luca Scapatello
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