Lo ricordiamo, Bergamo è la Diocesi che conta il più alto numero di sacerdoti uccisi dal Coronavirus, ad oggi sono 23 preti.
Un numero impressionante e dolorosissimo, che si somma agli altri 46 sacerdoti morti in tutta Italia sempre a causa del contagio. Tanto che papa Francesco, mercoledì 18 marzo, ha telefonato a Mons. Beschi per esprimergli tutta la sua vicinanza. “Il Santo Padre è stato molto affettuoso manifestando la sua paterna vicinanza, a me, ai sacerdoti, ai malati, a coloro che li curano e a tutta la nostra Comunità” – ha poi raccontato Mons. Beschi
– Gruber:”Mons Beschi, lei è vescovo di Bergamo una delle città più colpite dal Coronavirus, lei ha perso anche molti dei suoi sacerdoti, di che cosa ha più bisogno la sua città e i suoi cittadini?
– Mons. Beschi: Le risposte sono molte, le riassumerei in una immagine che non è proprio un’immagine. In questo momento abbiamo bisogno di ossigeno per i polmoni, ossigeno nelle case di tante persone che in questo momento non accedano all’ospedale. Ma sono curate, assistite a casa, e indispensabile per loro è l’ossigeno.
L’ossigeno anche per la nostra vita civile, l’ossigeno per le relazioni, per l’economia. E l’ossigeno per l’anima. Perché in questo momento la sofferenza è grandissima , i sentimenti, le relazioni sono messe a dura prova. E quindi c’è bisogno di ossigeno per l’anima. Anzi, a fronte della necessità dell’ossigeno delle bombole, sento sempre di più l’esigenza di questo ossigeno per l’anima.
Le persone si sentono soffocare. Non solo perché la speranza si deve continuamente misurare con i numeri che anche stasera state ricordando. Ma continuamente, con le morti sempre più numerose, la speranza deve confrontarsi con i propri sentimenti interiori. C’è bisogno di offrire ossigeno a questi sentimenti.
– Gruber:”Usciremo migliori da questa pandemia come garantisce il premier Conte? E’ un processo automatico?”
– Mons. Beschi:”Sicuramente non è automatico, abbiamo passato crisi, non come questa, non paragonabili di certo a questa. Ma ogni volta che abbiamo vissuta una crisi negli ultimi dieci, quindici anni, l’abbiamo avvertita drammatica. Devo dire che non sembra che abbiamo imparato le lezioni in maniera virtuosa.
Devo aggiungere che in questo caso, qualcosa dovremmo proprio imparare non solo e prima di tutto per rendere merito al sacrificio di coloro che in questo momento stanno dedicando e sacrificando la loro vita. Ma io credo che dobbiamo pensare anche a tutti quelli che sono morti.
Sono tantissimi nella nostra terra. Stiamo avvertendo questo allargarsi dell’ombra della morte. Delle scelte per essere migliore devono rendere onore a tutti loro. Ho parlato di scelta, non è automatico”.
Simona Amabene
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