Dopo settimane il ricordo del giovane eritreo morto di fame allâospedale di Ragusa dopo essere approdato a Pozzallo è svanito dalla mente dellâopinione pubblica ma non da quella del medico che lo ha avuto in cura ed ha potuto ascoltare le sue ultime parole, il dottor Vincenzo Morello. Tesfalidet Tesfom, ribattezzato poi Segen, è giunto in Italia come tutti gli altri migranti in cerca di un posto dove il suo futuro non era marchiato dalla maledizione della guerra e delle carestie. Il suo desiderio di costruirsi una possibilitĂ di vivere una vita come quella che facciamo noi ogni giorno era talmente forte da dargli il coraggio di superare i confini nazionali e mettersi nelle mani dei trafficanti libici. Quella speranza di libertĂ e giustizia non è stato fiaccato nemmeno dalla fame, dai maltrattamenti subiti, dalla consapevolezza che il suo destino era vicino alla conclusione.
Spesso i cittadini italiani vedono nei migranti un problema da risolvere, una piaga che infesta il nostro Paese, ma questa visione è miope e contraria a quella che è la realtĂ dei fatti. Lo sa bene il dottor Morello che da 15 anni si adopera per accoglierli e medicarli e che ormai conosce abbastanza cose su queste persone per avere la certezza che vengono in Italia ed in Europa in cerca di una speranza che il loro Paese dâorigine non è in grado di offrirgli.
Quando gli viene chiesto di parlare di Segen, il medico si lascia andare allâemozione (i suoi occhi sono umidi per il dispiacere) ma non si rifiuta di parlarne: âLâapproccio con Segen è uno dei momenti che non si dimenticano. Un ragazzo che ho notato subito appena salito a bordo: era in condizioni disperate, molto denutrito, cachettico, fibrillante. Lâho preso di perso per metterlo sulle mie spalle mentre gli chiedevo perchĂŠ fosse ridotto cosĂŹâ, racconta ad âAvvenireâ Morello che poi aggiunge come questo gli rispose: âPapĂ (in segno di rispetto), la Libiaâ.
Dopo avergli chiesto nuovamente come si fosse ridotto in quella maniera ed avere avuto la conferma che il suo stato fisico era dovuto ai maltrattamenti subiti in Libia, il medico ha fatto il possibile per dagli assistenza e farlo portare in ospedale. Ma nel parlarne il medico specifica che Segen è solo lâemblema di questi popoli che migrano: âLa sensibilitĂ di Segen è quella di tutte queste persone sbarcate che lasciano la loro terra per un futuro migliore. Mostrano subito una grande voglia di rapportarsi con gli altri e sono persone in grado di ricevere e dare un forte abbraccio. Sono in attesa di una nostra accoglienza, questo desiderano. Il ricordo di Segen, dunque, vale per tutte le persone che non ce lâhanno fatta. Lui, comunque, aveva qualcosa in piĂš, basti pensare che quando mi scusavo per il dolore che gli procuravo durante la medicazione mi rispondeva âNo, papĂ . Grazie, Italia e grazie a teââ.
Luca Scapatello
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