La terrificante storia di Matteo racconta come il demonio sia in cerca dei bambini e ne fa quello che vuole, con la complicità degli adulti, che giurano fedeltà alle sette sataniche.
Lo psicoterapeuta Claudio Foti, che sta seguendo il caso ed è giudice onorario del Tribunale dei minori di Torino, nonché direttore del Centro studi Hansel e Gretel, ci spiega che “La cultura prevalente è negazionista. La realtà che questi piccoli raccontano o disegnano è così raccapricciante che gli operatori, dalle forze dell’ordine ai magistrati, agli stessi psicologi, fanno molta fatica ad accettarla”.
Giuseppe è un camionista veneto, padre di un bambino di nome Matteo.
“Ora sono tranquillo, perché so che Matteo è a casa, al sicuro. Ma mi tormenta sempre il pensiero di non essere stato presente, quando aveva bisogno di me”.
Lei cercava ogni pretesto per non farglielo vedere e, così, passarono ben 6 mesi.
Dopo tutto quel tempo, Giuseppe, finalmente, ebbe il figlio per un intero weekend e, al momento di riaccompagnarlo dalla madre, scoppiò in lacrime: “Diceva che io lo coccolavo di più. Ero dispiaciuto, ma ovviamente non potevo accontentarlo. Solo che, da allora, ogni volta, al ritorno, la scena si ripeteva”.
Arrivò l’estate, tempo in cui Matteo poté rimanere col padre per 15 giorni.
“Andammo da mia madre in Sicilia e un giorno lui le raccontò di strani balletti che le faceva fare la mamma, in cui lui doveva abbassarsi le mutandine, alla presenza di uomini che poi lo toccavano”.
Il racconto lasciò Giuseppe impietrito, in uno stato d’animo che si può solo immaginare.
Si rivolse subito alle autorità, che non poterono fare nulla nell’immediato e senza prove concrete, mentre lui cercava di convincersi che, forse, il bambino aveva solo un fervida immaginazione, che magari aveva visto il film sbagliato da cui era rimasto troppo impressionato.
Passarono, così, altri mesi, fino a che il figlio non raccontò “che, ogni tanto, con un furgone veniva portato con altri bambini in una casa buia, illuminata solo da alcune candele nere. Lì c’erano degli uomini con delle maschere da lupo. Loro su un tavolo dovevano ballare, mentre quegli uomini facevano delle cose strane, prima alla mamma e poi ai bambini, lui compreso”.
La nonna di Matteo, a quel punto, gli chiese di fare un disegno di ciò che voleva raccontare ed esso risultò così dettagliato -anche nel citare alcuni nomi- che nessuno avrebbe più potuto dubitare delle brutture che stava subendo, ormai da anni.
Giuseppe racconta ancora: “Tornati in Veneto, con Matteo siamo subito stati ricevuti dal pubblico ministero, alla presenza di una psicologa. Matteo ha ripetuto tutto, ha mostrato il disegno e alla fine il Pm ha emesso un provvedimento di affido esclusivo a me”.
Antonella Sanicanti
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