Matt Birk campione di football americano cattolico fervente rifiutò di incontrare Barack Obama.

Matt Birk ex giocatore professionista di football americano sarà a capo di un gruppo di manifestanti che giorno 22 gennaio marcerà a Washington DC per difendere il diritto alla vita e chiedere l’abolizione della legge che dal 1973 consente la pratica dell’aborto in tutte le cliniche dello stato americano.

 

Per chi conosce la storia di questo sportivo il suo sostegno alla campagna pro life non è una novità, Matt nel 2013 si è professato pubblicamente cattolico e sostenitore della campagna contro l’aborto, una vera e propria scelta di vita che l’ha portato a rifiutare un incontro con il Presidente degli Stati Uniti uscente Barack Obama. Nel 2013 i suoi Baltimore Ravens hanno conquistato l’anello del Super Bowl, il punto più alto della carriera di ogni giocatore di football.

 

Come tradizione tutta la squadra è stata invitata alla Casa Bianca per celebrare il titolo e ricevere i complimenti ufficiali dal presidente, lui però si è rifiutato perché riteneva intollerabile l’appoggio che Barack Obama aveva offerto qualche giorno prima all’associazione Planned Parenthood. Nel corso della sua presidenza Obama ha più volte manifestato il suo appoggio per quella che è l’associazione che gestisce più di un terzo degli aborti negli States e qualche settimana prima della finale del Super Bowl lo aveva riconfermato, per altro con una frase che Birk ha ritenuto offensiva per il suo credo: “Dio benedica Planned Parethood”.

 

Così Birk, nonostante fosse consapevole di quale onore fosse essere ricevuto dal Presidente, ha declinato l’invito motivandolo in questo modo: “Planned Parenthood esegue circa 330 mila aborti all’anno. Io sono cattolico e sono attivo nel movimento pro life e semplicemente ho sentito che questo non potevo accettarlo, non potevo appoggiarlo in alcun modo. Sono molto confuso dalle dichiarazioni di Obama: per quale motivo Dio dovrebbe benedire un luogo dove si mette fine a 330 mila vite ogni anno? Così ho semplicemente scelto di non partecipare alla cerimonia”.

 

Non era la prima volta che Birk professava il suo appoggio per la causa e dopo il 2013, l’ultimo anno di carriera professionistica, si è impegnato attivamente perché il movimento pro life ottenesse  il suo obbiettivo. Il campione ha anche spiegato come il suo coinvolgimento attivo sia dovuto all’incontro con la moglie: prima di conoscerla aveva abbandonato la chiesa per dedicarsi al football, ma quando l’ha incontrata ha capito che nel mondo ci sono cose più importanti dello sport e l’ha aiutata nella sua crociata per la vita.

 

Adriana Birk lavora in una clinica che da assistenza alle donne che affrontano parti difficili, un associazione volontaria che per combattere l’insana pratica dell’aborto si è stabilita di fronte ad una sede di Planned Parethood, riuscendo a salvare migliaia di vite tra madri e figli. Ma l’impegno di Birk non si ferma all’aborto, qualche anno fa il campione di football ha preso posizione contro la distruzione della famiglia tradizionale, offrendo la sua testimonianza alla ‘Minnesota Catholic Conference’: “La mia speranza è che aggiungendo la mia voce alla discussione, io possa dare coraggio alla maggioranza degli americani – che pensa che lo Stato non ha alcun diritto di ridefinire il matrimonio – a far sentire la propria voce con verità e rispetto”.

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