La commovente storia di Pietro Lonardi che, pur affrontando la terribile malattia, ha trasformato la sua sofferenza in un inno alla vita. Il suo messaggio di speranza contro ogni paura.

Le sue parole sono di profonda fede, la sola vera fonte di vita, con cui si affrontano anche le prove più dure. Lui è Pietro Lonardi, di 56 anni, imprenditore, e da tanto tempo ormai è colpito da una grave malattia, la Sla. Patologia neurodegenerativa progressiva, la sclerosi laterale amiotrofica non lascia scampo: non ci sono cure per fermarla, e si sa che andrà sempre a peggiorare.
Le prospettive sono terribili ed è tra le malattie che più incutono timore. Quella paura e quel dolore che risultano insopportabili a molte persone, forse la maggior parte, e che si pretende di placare con leggi mortifere. Già, perchè se il suicidio assistito è visto come una soluzione alla sofferenza, una via d’uscita di fronte ad una vita che appare priva di senso e di dignità, secondo canoni mondani, la visione è tutt’altra se si crede in Dio.
L’imprenditore malato di Sla: “Non c’è disperazione se c’è Dio”
Intervistato dal quotidiano veronese L’Arena, questo imprenditore di Legnago, nei pressi di Verona, che vede le il suo corpo già trasformato dalla malattia e sa che i cambiamenti ci saranno ancora e non saranno positivi, fa dichiarazioni forti.

Le sue parole trasudano una fede salda e viva, si evince un rapporto con il Signore intimo e profondo, e chi riesce a comprendere o quantomento ad immaginare i suoi sentimenti può solo ringraziarlo per la forza vivificante che trasmette.
Altri certamente, al contrario, ne rimangono scandalizzati, lontani dall’afferrare la sua visione, distorcendola, forse o relativizzandola. È pienamente consapevole della gravità della patologia che lo affligge, e sa che il futuro non sarà roseo, ma anzi ancor più duro del presente, eppure fa ciò che solo l’amore dato dallo Spirito Santo può fare: ringrazia.
Afferma infatti che “Non c’è disperazione se c’è Dio“: una verità che lui sperimenta sulla sua pelle e che anche dal di fuori si può evidentemente constatare.
Ringraziare per la malattia: l’amore di Dio e per Dio
È attivo sui social attraverso il suo profilo in cui posta brani del Vangelo e riflessioni religiose, ma non solo. Quando gli è stato possibile è stato in pellegrinaggio al Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza e nei luoghi di Padre Pio. Sa essere vicino ad altri malati e trasmette, nonostante le difficoltà siano eclatanti, amore per la vita, e per Dio che gliel’ha donata e lo ama.
È proprio in questo, nella relazione con il Signore che anche costretto a comunicare tramite un puntatore oculare non perde la speranza, quella che è l’esatto contrario della disperazione. Anche etimologicamente, infatti, disperare è non avere in sé la speranza, e l’unica speranza che non delude, è in Dio.
Credere in un Dio Amore lo porta a fare affermazioni di questo tipo: “Penso e ripenso a questa malattia e mi convinco sempre più che essa sia spiritualizzante. Piano piano si perde il corpo e rimane lo spirito. Sento che la Sla sia stata un bene, permessa da Dio per la salvezza della mia anima. E ringrazio, nonostante la sofferenza. Nonostante sappia che adesso si farà dura. Si, provo un senso di gratitudine“.
La gioia nelle piccole cose
Sono parole che lucidamente e sapientemente tracciano un’analisi che sa di autenticità e di un cuore toccato dalla grazia. Certamente un dono ricevuto, ma certamente accolto liberamente con l’apertura dell’animo per far sì che si sviluppi e lo invada pienamente.

“La vita è qualcosa di prezioso che vale sempre la pena di assaporare, anche quando senti che le forze ti abbandonano ogni giorno di più e la stanchezza ti prende tutto il corpo o quando gli occhi diventano sempre più affaticati“, dice anche questo Pietro Lonardi.
Racconta di come, pur perdendo la possibilità di fare la maggior parte delle cose comuni riesce a trovare il bello in altre piccolissime. “Che gioia quando la mia assistente alle 8 del mattino mi muove energicamente le gambe e le braccia dopo 12 ore di immobilità” dice, e anche “sentire il gusto pungente della menta del collutorio in bocca“. A tanti potrebbe sembrare troppo poco per voler stare ancora su questa terra.
Ma per chi sa che quel Dio Creatore, che ha donato la vita è anche un Padre che ama i suoi figli e che il progetto è d’amore anche quando appare incomprensibile e comprende la croce, anche quella più grande, l’orizzonte è decisamente diverso, più ampio. Anche nella prova si respira la gioia dell’eternità.







