Giovane malato grave di tumore guarisce e diventa sacerdote: grazie alla mano di Benedetto XVI

A soli diciannove anni, rischiava seriamente di morire per un cancro al polmone. Poi l’incontro “miracoloso” con Ratzinger gli cambia la vita. 

Peter Srsich è un giovane americano che ha sofferto molto nella sua vita. Poi un viaggio a Roma e un incontro straordinario.

Papa Benedetto XVI con Peter Srsich – photo web source

Non con un luminare della medicina ma con Papa Benedetto XVI, nel suo ultimo anno di pontificato, e avviene il miracolo.

Peter va dal successore di Pietro e accade il miracolo

Nel maggio 2012, Peter Srsich, originario di Denver, in Colorado, volò a Roma, accompagnato dai genitori Tom e Laura, dal fratello Johnny, per un viaggio organizzato dalla fondazione “Make a Wish”, che permette ai giovani malati di realizzare il loro sogno.

Peter e i suoi familiari si recarono in piazza San Pietro per l’udienza generale, al termine della quale incontrarono papa Benedetto XVI. Nel mettersi in fila, il giovane si accorse che ognuno dei pellegrini aveva con sé un piccolo dono per il Santo Padre. Peter, però, non aveva nulla.

Tom Srsich suggerì allora al figlio di regalare al Pontefice un braccialetto con la scritta “Praying for Peter” e il seguente brano da una lettera di San Paolo: “E noi sappiamo che in tutte le cose Dio opera per il bene di coloro che lo amano, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rom 8,28). Un compagno di classe di Peter aveva fatto realizzare 1200 braccialetti di quel tipo: un modo originale per diffondere una catena di preghiere per l’amico.

Il tumore che affliggeva Peter Srsich era a uno stadio così avanzato che ormai gli premeva contro il cuore e non gli permetteva di sottoporsi ad anestesia: rischiava di non svegliarsi più e di non poter essere sottoposto a prelievo per una biopsia. Peter era caduto in una depressione profondissima, da cui si risollevava temporaneamente soltanto quando riceveva l’Eucaristia.

Papa Benedetto XVI con Peter Srsich – photo web source

Quel gesto provvidenziale di Benedetto XVI

Peter Srisch era convinto che qualcosa sarebbe potuto cambiare soltanto dopo una sua visita in Vaticano. Non era naturalmente una convinzione razionale, era la fede a muoverlo lungo quei passi.

Quando si mise in fila per salutare il Papa, Peter temeva concretamente di avere troppo poco tempo a disposizione per raccontargli la sua situazione. Effettivamente, poi, al Papa riuscì a dire soltanto di avere un grave malattia, senza nemmeno specificare di che tipo. Benedetto XVI allora gli diede la benedizione, ponendogli la mano dove era localizzato il tumore.

Anni dopo, Srsich raccontò di essere rimasto “colpito” dall’“umanità” e dall’“umiltà” dell’allora papa regnante. E confermò: “Ha messo la sua mano destra proprio sul torace, dove avrebbe dovuto trovarsi il tumore. Non poteva sapere dove era collocato il tumore, ma ha messo la sua mano proprio là”.

Peter Srsich divenuto sacerdote – photo web sourcephoto web source

La malattia scompare e nasce la vocazione al sacerdozio

Da quel giorno, anno dopo anno, la malattia è regredita fino a scomparire del tutto. Non ci è dato sapere se la benedizione del Santo Padre abbia determinato un miracolo. Quel che è certo è che, da quel momento, il giovane statunitense ha iniziato a maturare la vocazione al sacerdozio.

Nel 2014, Srsich è quindi entrato in seminario nella sua diocesi, fino all’ordinazione presbiteriale, ricevuta il 15 maggio 2021, assieme ad altri cinque diaconi, nella cattedrale dell’Immacolata Concezione a Denver. A breve tornerà a Roma per completare gli studi teologici.

Intervistato da Denver Catholic, rivista della sua diocesi, il novello sacerdote racconta della sua “devozione per l’Eucaristia” come un dono che Dio gli ha fatto. “È incredibilmente umiliante pensare che presto Dio sarà presente sull’Altare nelle mie mani e alle mie parole”, confida Srsich.

La pandemia, che ha coinvolto il suo ultimo anno di seminario, ha spinto Peter a riflettere sulla morte e sull’adagio latino “Memento mori”. Si è quindi domandato: “Se abbiamo paura di morire, siamo sicuri che le nostre priorità siano quelle giuste?”.

Srsich non parla della sua malattia ma ritorna sulla sua vocazione sacerdotale. “[Dio] mi detto molto chiaramente che mi stava chiamando a diventare prete. Non potevo averne alcun dubbio, né essere confuso”, racconta.

Sono molto grato per questa chiarezza in quanto non tutti hanno questo tipo di discernimento, anzi, forse solo una minoranza di persone ricevono questo dono”, conclude il giovane sacerdote.

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