“Non basta compiere opere buone”, Madre Speranza di Gesù ci spiega quanto sia importante che gli altri ci riconoscano come autentici cristiani.
María Josefa Alhama Valera (questo il suo nome di Battesimo), già all’età di 12 anni, aveva avuto la visione di Santa Teresa del Bambino Gesù, che le diceva di venerare l’Amore Misericordioso e di diffonderne il culto. Divenuta Suora, nel Natale del 1930, fondò le Ancelle dell’Amore Misericordioso e tutti la chiamarono, da li in poi, Madre Speranza di Gesù.
Madre Speranza di Gesù arrivò a Roma nel Maggio del 1936 e, da quel momento fino al 1941, la sua Congregazione venne ostacolata, da prelati ed ex seguaci. Intervenne, così, il Sant’Uffizio che le chiedeva conto del suo modo di operare. La cosa si risolse, dopo tanto patire e tante calunnie, solo nel 1952. Intanto, il 15 Agosto del 1951, aveva fondato la Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso. Arrivò a Collevalenza 3 anni dopo e fu ispirata da questa frase: Dio non è “un giudice severo, ma un Padre pieno di amore e di Misericordia che non tiene in conto le debolezze dei suoi figli, le dimentica e le perdona”.
Ed ebbe direttamente da Gesù il messaggio di effettuare degli scavi per trovare dell’acqua benedetta. Si trovò una sorgente che oggi costituisce le vasche che fanno di Collevalenza una piccola Lourdes, in cui avvengono molti miracoli.
“Non basta compiere opere buone, ma bisogna compierle in modo che esprimano la nostra buona volontà. Quando si verificasse uno screzio con gli altri, non rispondere nello stesso tono, ma dissimulare con umiltà”.
L’impegno verso gli altri, nel trattarli come veri fratelli, accomunati dallo stesso Padre, richiede immensi sforzi, soprattutto perché implica gestire il nostro amor proprio, spesso contaminato dall’egocentrismo.
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Antonella Sanicanti
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