
Negli anni ’50, un uomo di colore, di nome Oliver Brown, voleva iscrivere la sua figlioletta, di 9 anni, alla scuola elementare di Topeka, nel Kansas.
In quel tempo, soprattutto negli Stati Uniti d’America, il razzismo imperversava (e nemmeno oggi è del tutto debellato), tanto che alle persone di colore erano riservati locali e posti sugli autobus appositi, per non farli entrare in contatto coi bianchi, per tenerli ai margini della società.
La segregazione razziale obbligava, dunque, la gente di colore a stare con altra gente di colore e al signor Brown fu risposto, infatti, di portare la figlia in un istituto per “soli neri!”.
Quel padre, però, non si arrese e portò il caso in tribunale. A lui si unirono altri genitori, che desideravano garantire, ai propri figli, una buona istruzione, come quella dei figli dei bianchi.
Così, il caso divenne di dominio pubblico e la sentenza della Corte Suprema dovette porre, finalmente, fine alla segregazione razziale nelle scuole.
E ciò cambiò di netto il sistema scolastico negli Stati Uniti.
Nazionale per la Promozione delle Persone di Colore, associazione che negli USA difende i diritti civili) ha scritto per lei: “Da ragazza, il suo coraggio, di fronte alle più oscure tenebre della storia americana, ha cambiato radicalmente la nostra Nazione. Per questo, le esprimiamo la nostra eterna gratitudine”.
E il nostro pensiero va anche a tutti coloro che ogni giorno, nel mondo, subiscono ancora atti di razzismo, segno di un insensato, mancato rispetto per il prossimo.
Antonella Sanicanti