Le persecuzioni subite da Padre Pio in vita e dopo la morte

Le persecuzioni subite da Padre Pio in vita e dopo la morte
Padre Pio

La figura di Padre Pio è molto amata dai fedeli e dopo anni la sua opera benefica è stata riconosciuta anche dalla Santa Sede che lo ha proclamato Santo. Nel corso della sua lunga carriera di buon pastore, però, San Pio da Petralcina è stato vittima di vere e proprie persecuzioni da parte di uomini appartenenti al Vaticano i quali lo ritenevano un impostore. Il primo a perseguire una lotta contro Padre Pio è stato Padre Agostino Gemelli che, convinto che il frate fosse un ciarlatano, si incaricò di smascherarlo definendolo: “Uomo a ristretto campo di coscienza” e “Mistico da clinica psichiatrica”.

Nel 1920 Padre Gemelli comunicò al Padre Provinciale Pietro che intendeva far visita a San Giovanni Rotondo per scopi privati e spirituali e il 18 aprile giunse in loco. Il giorno successivo il sacerdote chiese a Padre Gerardo (guardiano dei Frati minori) un colloquio con Padre Pio e questo acconsentì a condizione che non venisse effettuata alcuna visita medica se non con il consenso del Padre Provinciale. Questo dunque tentò di avvicinare il Santo da Petralcina al termine della Messa, ma questo non volle parlare con lui perché in primo luogo non aveva ottenuto l’autorizzazione dal Padre Provinciale ed in secondo luogo sapeva che questo aveva già preso una decisione su di lui. In seguito a quel mancato colloquio ed alla successiva relazione presentata da Padre Gemelli, il Vaticano limitò l’operato di Padre Pio per 14 anni, impedendogli persino di avere contatto con i fedeli. La limitazione si concluse nel 1934 a seguito della protesta dei fedeli di San Giovanni Rotondo.

Per anni Padre Pio poté operare in tranquillità finché, nel 1960, non finì nuovamente nel mirino della Santa Sede in seguito allo scandalo giudiziario Giuffré: l’ordine dei Cappuccini di Padova aveva consegnato ingenti quantità di denaro al banchiere, il quale le sperperò tutte. In quella condizione l’ordine dei Cappuccini chiese a Padre Pio di poter usufruire delle offerte dei fedeli e questo si oppose poiché non poteva disporre del denaro dei fedeli a suo piacimento. Il rifiuto generò una lotta nei suoi confronti con detrattori pronti ad affermare che Padre Pio utilizzava le offerte per il suo tornaconto personale: “Questo religioso ama l’eleganza, si profuma i capelli, porta stivaletti di lusso, si circonda di giovani donne, le quali non mancano di procurargli profumi, in cambio delle sue carezze. Padre Pio incontra le amanti di notte in convento o in chiesa e si abbandona con loro a orge sacrileghe”.

Le accuse erano infondate, Padre Pio non era nemmeno in grado di partecipare a simili eventi a causa delle sue condizioni di salute, ma ciò nonostante venne istituito un processo ai suoi danni tenuto da Monsignor Carlo Maccari. Questo lo pose sotto interrogatorio per circa un anno, al termine del quale concluse che le accuse erano inconsistenti e Padre Pio venne prosciolto, ma venne riabilitato dal Vaticano solo dopo 4 anni. L’ultima persecuzione avvenne dopo la morte del Santo da Petralcina: due giorni dopo il suo decesso degli inviati della Santa Sede si presentarono a Campo Rotondo richiedendo la salma di Padre Pio per poter effettuare un’autopsia. L’allora sindaco Giuseppe Sala si oppose fermamente alla richiesta dicendo loro che la salma di Padre Pio non doveva essere toccata. Lo stesso copione si è ripetuto due mesi dopo quando alcuni esponenti della Santa Sede si presentarono per chiedere la salma per poterla imbalsamare ed anche in questo caso Sala si oppose alla richiesta.

Luca Scapatello

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