Le mosse dell’Unione Europea per introdurre la teoria gender nella società

Sebbene ci siano persone ed istituzioni che neghino abbondantemente l’esistenza di una teoria gender, c’è chi come Gabriele Kuby sostiene che non solo esiste, ma che ci sia persino un piano politico attraverso il quale le istituzioni europee la stiano lentamente imponendo alla popolazione senza che questa se ne accorga. Lo scrittore ha riunito le prove di questa sua teoria in un libro chiamato ‘La rivoluzione sessuale globale’, e di seguito ci limitiamo a riportarne alcune.

Il primo passo, l’orientamento sessuale: nel 2000 L’Unione Europea ha emanato una direttiva sui diritti umani che modificava La carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Tra le modifiche principali apportate c’era il diritto alla famiglia contenuto nell’articolo 9 della suddetta Carta che da allora recita: “Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. Nell’articolo 21 è stato inoltre inserito il divieto di discriminazione legato all’orientamento sessuale. Chiaramente l’esistenza di un articolo che tutela gli omosessuali dalla discriminazione è non solo lecito, ma necessario. Ma l’autore del libro fa notare come proprio quella introduzione ha permesso la recente corsa alla “pretesa” dei diritti sul matrimonio.

Per un attimo torniamo indietro all’articolo 9, quello che riserva il diritto legislativo sui matrimoni ad ogni singolo Stato: tale diritto, infatti, era presente sin dalla costituzione dell’Unione europea, ad essere cambiata è solo la terminologia usata. Mentre prima veniva identificato il matrimonio come un unione tra uomo e donna, adesso si parla solo di soggetti contraenti, quindi non ne viene specificato il sesso. Appare chiaro che la direttiva del 2000 fosse finalizzata ad ampliare in ambito normativo la struttura del matrimonio anche a contraenti dello stesso sesso (sebbene non in maniera esplicita viene lasciato ampio spazio di manovra al singolo Stato.

Se queste sono quelle che possono essere definite leggi quadro, esistono anche organi specifici atti a tutelare i diritti dei cittadini come le Direzioni Generali di ‘Occupazione, Affari Sociali e Inclusione’ che in questi anni hanno avviato progetti tesi a eliminare ogni forma di discriminazione di tipo sessuale. A destare sospetto ci sono i finanziamenti fatti nel corso di questi ultimi anni ad alcune ONG, ad esempio quello costante ed oneroso fatto annualmente allo ‘European Youth Forum’, un’associazione che si occupa primariamente della tutela dei diritti dei giovani e che si batte contro le discriminazioni dovute ad età e stato economico. Il dubbio dell’autore è che questi finanziamenti siano utilizzati soprattutto per le istanze di una sottosezione dell’associazione chiamata ‘International Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender and Queer Youth and Student Organisation (IGLYo)’.

Importante nella disamina fatta è sicuramente la creazione di uno “Strumentario” per la promozione e la tutela dell’esercizio di tutti i diritti da parte di gay, lesbiche, transessuali e bisessuali. Il gruppo di lavoro sui Diritti Umani della UE lo ha diffuso a tutti gli stati membri nel giugno del 2010 sostenendo che è: “Inteso ad aiutare le istituzioni dell’UE, le capitali degli Stati membri, le delegazioni, rappresentanze e ambasciate dell’UE a reagire in modo proattivo alle violazioni dei diritti umani degli LGBT e ad affrontare le cause strutturali all’origine di tali violazioni” in altre parole ad eliminare il concetto di diversità tra eterosessuali ed omosessuali. Che si tratti, insomma, di misure tese a proteggere la diversità o, se come suggerito dall’autore, di un piano per introdurre la teoria gender è una decisione che rimane ancorata al vostro criterio di giudizio.

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