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L’Ambiguità è del demonio , appartiene a lui.

Scendere a patti col demonio lo si può fare in molti modi, anche tralasciando il proprio dovere di cristiano, che ci chiama ad impegnarci in una lotta col male che dura tutta la nostra vita, fino al nostro ultimo respiro. Quando cerchi di impegnarti subito sorgono le tentazioni, quelle strane voci che ci scoraggiano e cercano di farci desistere dall’intento di seguire il Signore facendoci sentire indegni ed inadeguati. Ma Gesù che conosce bene la natura umana ci ricorda che quando avremmo fatto tutto quello che lui ci chiede di fare resteremo sempre servi inutili e dannosi, e come ricorda anche ai suoi discepoli nel Vangelo di (Luca 10,17-24)Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Per questo il demonio vuole che noi restiamo neutri che non ci schieriamo, che non prendiamo posizione così non ostacoliamo i suoi piani e i suoi progetti di male.

“Lo spirito del male dice: “Riposati. Che farai nella mischia? Altri combatteranno abbastanza. Tu che sei savio, non iscomodare le tue abitudini. Il male – continua il diavolo – è sempre esistito ed esisterà sempre nelle stesse proporzioni. I pazzi che vogliono combatterlo non guadagnano nulla e perdono il loro riposo. Tu che sei savio, dà ad ogni cosa la sua parte e non dichiarare a niente la guerra. È impossibile illuminare gli uomini. Perché dunque tentarlo? Fa pace con le opinioni che non sono tue. Non sono esse tutte ugualmente legittime?”.

Così parla il demonio; e l’uomo separato dalla verità, perché ha paura di lei, che è l’Atto puro, l’uomo, insensibilmente e a sua insaputa, si unisce all’errore […] discende a poco a poco, durante il suo sonno, in quell’indifferenza glaciale, placida e tollerante, che non s’indigna di niente, perché non ama niente, e che si crede dolce perché è morta.
E il demonio vedendo quest’uomo immobile, gli dice: “Tu gusti il riposo del savio”; vedendolo neutro tra la verità e l’errore, gli dice: “Tu li domini entrambi”; vedendolo inattivo, gli dice: “Tu non fai del male”; vedendolo senza risorsa, senza vita, senza reazione contro la menzogna e il male […], gli dice “Io t’ho ispirato una filosofia savia, una dolce tolleranza, tu hai trovato la calma nella carità”, perché il demonio pronunzia spesso le parole di tolleranza e di carità.
L’uomo vivo, l’uomo attivo che ama e che è unito all’unità, afferra il rapporto delle cose, e unisce fra loro le verità. L’uomo morto ha perduto il senso dell’unità. Non unisce più verità fra di loro: non concilia più, per la contemplazione dell’armonia, le cose che devono esser conciliate, le cose vere, buone e belle.
Ma in cambio, compone una parodia satanica dell’unità; cerca di amare insieme il vero e il falso, il bene e il male, il bello e il brutto; non sempre si adira, almeno in apparenza, se si affermano i dogmi, ma preferisce che si neghino.
Non avendo voluto unire ciò che è unito, credere a tutta la verità, conciliare quel che è conciliabile, cerca di unire ciò che è necessariamente ed eternamente contradittorio, di credere insieme alla verità e all’errore, di conciliare il Sì e il No; non avendo voluto amare Dio tutto intiero, cerca di amare Dio e il diavolo: ma è l’ultimo che preferisce.
Che si direbbe d’un medico il quale, per carità, avesse riguardi verso la malattia del suo cliente? Immaginate questo tenero personaggio. Direbbe al malato: Dopo tutto, amico mio, bisogna essere caritatevole. Il cancro che vi corrode è forse in buona fede. Suvvia, siate gentile, fate con lui un po’ d’amicizia; non bisogna essere intrattabili; fate la parte del suo carattere. In questo cancro, esiste forse una bestia; essa si nutre della vostra carne e del vostro sangue, avreste il coraggio di rifiutarle quanto le occorre? La povera bestia morirebbe di fame. Del resto, io sono condotto a credere che il cancro è in buona fede e adempio presso di voi ad una missione di carità.
È il delitto del secolo quello di non odiare il male, e di fargli delle preposizioni. Non vi ha che una proposizione da fargli, è di scomparire. Ogni accomodamento concluso con lui somiglia neppure al suo trionfo parziale, ma al suo trionfo completo, perché il male non sempre domanda di scacciare il bene, domanda il permesso di coabitare con lui. Un istinto segreto lo avverte che domandando qualche cosa, domanda tutto. Appena non è più odiato, si sente adorato».
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