La Preghiera della Chiesa l’Angelus…

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L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria.
Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo
Ave, o Maria

Ecco l’ancella del Signore.
Sia fatto di me secondo la tua parola.
Ave, o Maria

E il Verbo si è fatto carne.
Ed ha abitato fra noi
Ave, o Maria

Prega per noi santa Madre di Dio.
E saremo degni delle promesse di Cristo

Preghiamo:
infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre, tu, che nell’annuncio dell’angelo ci hai rivelato l’incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per Cristo nostro Signore. Amen

Tre Gloria al Padre.

Angelo di Dio che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste Amen.

NOTE STORICHE:

La preghiera dell’Angelus Domini (L’Angelo del Signore) del mattino, del mezzogiorno e della sera, ha una storia molto bella. Fu cara a sommi Pontefici, in particolare al Papa Paolo VI, e “carissima” a Papa Giovanni Paolo Il che l’ha costituita momento d’incontro con i fedeli di tutto il mondo, in piazza san Pietro, per le sue esortazioni paterne, per le sue conversazioni amichevoli, confidenziali.

Prima di tutto vogliamo sottolineare che Paolo VI l’ha inclusa nel suo documento meraviglioso sulla devozione alla Madonna e che porta il titolo di: “Marialis cultus “: la devozione alla Madonna. E’ uno dei trattati più belli di tutti i tempi sulla Madre di Dio; senza dubbio il migliore del Concilio e dopo il Concilio Vaticano Il. Papa Montini esorta a mantenere viva la consuetudine di recitarlo ogni giorno.

La prima notizia dell’Angelus Domini risale al 1269, al tempo in cui era Generale dell’Ordine francescano san Bonaventura da Bagnoregio, detto il “dottore serafico”. Fu un Capitolo Generale dei Frati Minori tenutosi a Pisa in quell’anno che prescrisse ai religiosi di salutare la Madonna ogni sera con il suono della campana e la recita di qualche Ave Maria, ricordando il mistero dell’Incarnazione del Signore.

Il noto letterato fra Bonvesin de la Riva, milanese, vissuto dal 1240/50 al 1313, appartenente all’Ordine degli Umiliati, fece sua la disposizione dei frati francescani ordinando alla città di Milano e dintorni di suonare ogni sera l’Ave Maria. Ricordiamo che il Bonvesin fu il più geniale anticipatore di Dante con la sua opera che porta il titolo di: ” Libro delle tre scritture “. De scriptura nigra, nel quale descrive le pene dell’inferno. De scriptura rubea, con la quale fa una commossa rievocazione della Passione del Signore. De scriptura aurea, una entusiastica esaltazione del Paradiso.

Da Milano la pia usanza si estese un po’ dovunque. La notizia giunse agli orecchi di Papa Giovanni XXII (1245-1334) il quale non solo la incoraggiò, ma diede ordine al suo Vicario Generale di Roma di far suonare la campana ogni giorno, perché la gente “si ricordi” di recitare tre Ave Maria in onore dell’Annunciazione di Maria, detta comunemente “il saluto dell’Angelo “.

Il cammino continuò sempre più spedito. Dalla sera si passò anche al mattino, a partire dal 1400 in poi. Nel 1456 il papa Callisto III prescrisse il suono delle campane dell’Angelus anche a mezzogiorno con la recita di tre Ave Maria.

Il re Luigi Xl ordinò, in Francia, il suono delle campane invitando i suoi sudditi a ricordarsi della Vergine Madre di Dio, e lui stesso all’annuncio scendeva da cavallo e s’inginocchiava sulla nuda terra.

Il pittore francese, Gianfrancesco Millet (1814-1875), ha un bellissimo quadro dal titolo: “Angelus “, nel quale, verso sera, al tramonto, un giovane e una giovane, forse una famigliola composta di marito e moglie, interrompono il lavoro dei campi, e, ripiegati su se stessi quasi alla ricerca di un genuflessorio, recitano l’Angelus della Madonna, al suono di una campana lontana ma percepibile… (foto di copertina).

Il nostro Giovanni Segantini (1858-1899) dipinse una tela stupenda: “Ave Maria a trasbordo”: una barca, sulla sera, trasborda delle persone all’altra riva del lago, del mare, del tempo… all’eternità, al suono della campana in sinfonia con la preghiera dell’Angelo: “Ave Maria”.

Ave Maria! Quando su l’aure corre
l’umil saluto i piccioli mortali
scovrono il capo, curvano la fronte
Dante ed Aroldo. (G. Carducci).

L’autore nella lunga esplicativa che pone a questi suoi versi, ricorda che nella seduta del 20-12-1889 del Consiglio Provinciale di Forli, venuta in discussione la spesa per la chiesa “polentana”, opponendo alcuno non doversi gittare danaro del pubblico per conservare chiese, quando il meglio sarebbe buttar giù quelle anche in piedi, Aurelio Saffi, il nobilissimo mazziniano, che presiedeva l’adunanza, parlò da quell’uomo colto e savio che era, e disse fra l’altro: “Quale italiano non vorrà conservata e onorata una chiesa dove Dante pregò?’ “. Allora tutti quei repubblicani votarono la spesa per la chiesa di San Donato (Chiesa che apparteneva ai signori da Polenta, la famiglia che diede ospitalità a Dante Alighieri).

Il poeta plaude al voto favorevole.., e, nella seconda metà del luglio 1897 canta quella chiesetta, assomigliandola ad una ‘madre vegliarda’ che continua a parlare ai figli con la rinata voce delle sue campane:

salve, chiesetta del mio canto! A questa
madre vegliarda, o tu rinnovellata
itala gente da le molte vie,
rendi la voce

de la preghiera: la campana squilli
ammonitrice: il campanil risorto
canti di clivo in clivo a la campagna:
‘Ave Maria’.

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