La perdita di una persona cara, come di un genitore (ma anche di un amico o di un conoscente a cui eravamo molto affezionati) è un dolore terribile, da cui non ci possiamo proteggere in alcun modo.
Capiterà, o è già capitato, a tutti noi e sentiremo, inevitabilmente, il disgregarsi, umanamente parlando, di quel nucleo familiare che ci dava serenità.
Se si tratta di un genitore, avvertiremo come la dissolvenza del nido in cui siamo cresciuti e ci sentivamo protetti.
Da buoni cristiani, possiamo trovare conforto, in quei momenti, anche nella preghiera assidua, che ci permetterà di sentire ancora i nostri cari legati alle nostre esistenze, per sempre, come in realtà è. Psicologicamente parlando, dovremmo, certamente, attraversare diversi stadi, per l’elaborazione del nostro personale lutto.
In primo luogo, lo choc che deriva dalla perdita di quella persona ci farà sentire smarriti, abbandonati, avulsi dal mondo che, solo un attimo prima, ci sembrava un posto perfetto.
Non mancheranno i momenti di rabbia assoluta e incontrollabile, perché non riusciremo ad accettare che siamo proprio noi i protagonisti di quella tragedia immane.
Un giorno, finalmente e molto lentamente, ricominceremo ad apprezzare nuovamente la vita, a sentire che continua, nonostante tutto; ci abitueremo, anzi ci adatteremo, a quella mancanza e ci renderemo conto che è solo momentanea, sono dettata dalla natura umana e dalla precarietà di questo mondo.
Signore, tu mi hai tolto la persona che mi era tanto cara in questo mondo.
Se un resto di soddisfazione per le sue colpe la trattenessero ancora nelle pene e le impedisse di riunirsi a te, io ti offro a suo vantaggio tutte le mie preghiere e le mie opere buone e soprattutto la mia accettazione per questa perdita.
Tu hai preso, Signore, ciò che ti apparteneva.
Antonella Sanicanti
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