Se la nostra vulnerabilità fosse in realtà una benedizione?”.

Prima o dopo nella vita bisogna affrontare il fatto che come esseri umani siamo impotenti di fronte a quello che ci accade ogni giorno. Il senso di impotenza causato dalla coscienza di poter controllare esclusivamente le proprie azioni ci conduce verso un bivio: la disperazione causata dal vuoto esistenziale di questa scoperta oppure la fiducia scaturita dalla convinzione che tutto quello che accade è voluto da Dio e che quindi assumerà un senso in un altro mondo.

 

Se è vero che l’impotenza per la caducità umana fa parte di ogni individuo e anche vero, forse di più, che per ogni madre la sensazione di nullità è intensa almeno il doppio. In tal senso ho trovato molto interessante la testimonianza di una donna incinta tradotta sul sito ‘Aleteia’. Tale mamma (che decide di rimanere anonima) racconta della bellissima sensazione generata dalla presenza di una vita dentro il suo grembo, ma  spiega anche come sin dal primo momento ha sentito l’angoscia di non avere nessun controllo di quanto le stava accadendo dentro:

“Mi sono preoccupata fin dal momento in cui ho visto il segno positivo sul test di gravidanza. Sarebbe andato tutto bene? Sarebbe stato sano? Ecco una personcina che amo profondamente, che dipende da me letteralmente per tutto a questo mondo, ma che non posso proteggere dalla malattia, dalla sofferenza e forse perfino dalla morte. Con l’eccezione dei pochi momenti della gravidanza in cui lo guardo nelle ecografie, non so nemmeno se sta ancora crescendo lì dentro. Ho così tanto amore e così poco potere”.

 

Estrapolando il pensiero di questa donna dal contesto di maternità per applicarlo ad un più generico contesto di umanità, ci si rende conto che sono ben poche le cose di cui abbiamo un controllo effettivo, gli stessi concetti di potere e controllo assumono, sotto questa luce, un significato relativo o quasi nullo. Ma se la riflessione di questa donna esplora la vulnerabilità umana, non si ferma solamente a questo, infatti, dopo aver descritto un processo mentale comune a tutti va avanti e suggerisce un ipotesi: “Se la nostra vulnerabilità fosse in realtà una benedizione?”.

 

Questo quesito in un certo senso è retorico perché la donna si è già data una risposta, infatti pensa che proprio l’impotenza il senso di vulnerabilità sia il terreno giusto per far crescere la fede in Dio. Insomma questa madre offre una testimonianza di come si possa sopperire alla paura della vita con una fiducia di pari entità, il suo pensiero/consiglio è quello che per vivere serenamente bisogna corrispondere ad un quantitativo di paura lo stesso quantitativo di fiducia nell’opera di Dio, d’altronde non era Luca che scriveva: “Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? “.

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