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La maldicenza è il peccato che ti porta dritto all’inferno

Uno dei peccati di cui ci macchiamo con maggiore frequenza è di certo la maldicenza. Il vivere in comunità ci spinge molto spesso a guardare cosa fa il prossimo, a raffrontarlo con il nostro metro di giudizio e, di conseguenza, a giudicarlo. Il processo mentale è talmente automatico da essere ineliminabile ma se il giudicare i comportamenti e le parole altrui è qualcosa di naturale, non è lo stesso quando il giudizio viene esposto in pubblico, sopratutto se l’esposizione comporta un’offesa o arreca danno alla persona.

Ciò che rende gravissima la maldicenza è il suo effetto virale, spesso infatti le persone preferiscono credere ad un difetto di una persona senza accertarsi che sia vero e diffonderlo in giro come se fosse una verità assoluta. Inutile dire che questo passa parola nuoce gravemente alla persona che è soggetta ad un simile processo. In molti sono convinti che la maldicenza sia peccato solamente quando si inventa un difetto o un comportamento sbagliato di un conoscente solo al fine di recargli danno. In realtà in questo caso stiamo parlando di calunnia e, sebbene sia la più grave delle maldicenze, non è l’unica forma che consiste in peccato.

Ci sono, infatti, altri due aspetti della maldicenza che sono meno gravi della calunnia ma consistono ugualmente in peccato: il primo riguarda l’aggiunta di particolari ad un fatto realmente accaduto, l’ingigantire un difetto o un errore commesso da qualcun altro; il secondo è semplicemente diffondere pubblicamente un difetto di un conoscente che possa arrecargli danno all’immagine. Il peccato commesso è tanto più grave quanto dannoso all’immagine è il difetto condiviso con gli altri.

In poche parole sarebbe meglio non parlare degli altri se non se ne può parlare bene. Il Santo Curato d’Ars, parlando dell’argomento ha condiviso a riguardo le parole di San Francesco di Sales: “Non dite che il tale è un ubriaco o un ladro, perché lo avete visto rubare o ubriacarsi una sola volta. Noè e Lot si ubriacarono una volta; eppure né l’uno né l’altro erano degli ubriachi. San Pietro non era un bestemmiatore, per aver imprecato una volta. Una persona non è viziosa per essere caduta una volta nel vizio, e quand’anche vi cadesse più volte, parlandone male si corre il rischio di accusarla falsamente. È ciò che accadde a Simone il lebbroso, quando vide la Maddalena ai piedi del Salvatore, mentre li bagnava con le sue lacrime: “Se quest’uomo fosse un profeta, come si dice, non saprebbe che è una peccatrice, colei che si è gettata ai suoi piedi?”. Egli si sbagliava di grosso: la Maddalena non era più una peccatrice, ma una santa penitente, perché le erano stati perdonati tutti i suoi peccati. Vedete ancora questo orgoglioso fariseo, che, stando nel tempio, faceva l’elenco di tutte le sue pretese opere buone, ringraziando Dio di non essere come gli altri uomini, adulteri, ingiusti e ladri, proprio come quel pubblicano. Egli riteneva che quel pubblicano fosse un peccatore, invece, in quello stesso momento, quello era stato giustificato”.

Il testo di San Francesco fa capire come non si possa giudicare una persona da un singolo evento capitato nella sua vita. Prima di giudicare una persona e condannarla bisogna conoscerla profondamente e capire l’entità delle voci che lo riguardano. Solo nel caso in cui il soggetto in questione è pericoloso per se stesso o gli altri, i cristiani sono invitati a parlare, ma solo perché la denuncia di un comportamento in questo caso è fatto per il bene di una o più persone.

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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