La Famiglia Non Si Tocca! Condividiamo la nostra Civile Protesta a difesa della Sacralità della Famiglia!

Il Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha reso noto di essere indagato per omissione di atti di ufficio per non aver obbedito alla richiesta del prefetto di cancellare le trascrizioni dei matrimoni omosessuali contratti all’estero. Un “atto dovuto” come lo stesso Pisapia riconosce perché “l’iscrizione nel registro degli indagati era obbligata”. La notizia non giustificava alcun clamore: è ordinaria amministrazione destinata a risolversi nella solita archiviazione. Ma far sapere di essere “indagato” per aver difeso il diritto per gli omosessuali di contrarre matrimonio ha un significato particolare se in quella stessa Milano, presso la sede della Regione Lombardia, c’è un convegno sulla famiglia tradizionale. Il primo cittadino sa bene che le sue dichiarazioni faranno da contraltare alle tesi tradizionaliste dibattute in quel contesto. Il programma dell’incontro “Difendere la famiglia per difendere la comunità” è stato percepito come un affronto che la comunità LGBT non poteva accettare senza replica. Lo sdegno, l’irrequietezza e la rabbia per quella pubblica riflessione sui valori della famiglia tradizionale è sfociata in un presidio in piazza Einaudi, annunciato già da tempo. Il Sindaco ha voluto unirsi a questa protesta a modo suo, e rappresentare un’istituzione che si propone come presidio all’avanguardia nella lotta per i diritti civili. Tutto semplice e secondo programma, in apparenza. Ma una parola pronunciata da Pisapia sembra rivelare una scelta di campo definitiva, un conflitto di valori e prospettive non conciliabili. Pisapia auspica che il premier Renzi si adoperi «per far ritirare la circolare» che impone la cancellazione delle trascrizioni, una «circolare blasfema da un punto di vista giuridico». Già «blasfema» dice il sindaco, usando la parola con cui si rappresenta l’affronto verso una religione. Il primo cittadino sostiene questo concetto con un comportamento e una rappresentazioni coerenti, al punto da rifiutare la cancellazione delle trascrizioni. La tutela ad oltranza delle libertà omosessuali ha visto come protagonisti altri primi cittadini, tra questi Ignazio Marino a Roma e Luigi de Magistris a Napoli. E’ una scelta di campo che si propone come dirompente verso un sistema di valori ed equilibri che se toccato, non potrà limitarsi alla semplice celebrazione di un’unione tra individui dello stesso sesso. Comporterà scelte di campo sempre più ampie: le politiche sociali e quindi la sanità ed il welfare, il diritto di famiglia. Toccare un architrave significa ridiscutere l’assetto dell’edificio e le stesse fondamenta: l’educazione alla vita, la sessualità, fino alla libertà religiosa. L’equivoco di fondo o, se vogliamo, la semplificazione fuorviante è dare ad intendere che i matrimoni omosessuali possano risolversi in cerimonie con fiori, sorrisi e qualche riconoscimento nel diritto all’assistenza reciproca. Pisapia, Marino e De Magistris dovrebbero spiegare che la piena legittimazione di un nuovo “modello” comporta molto di più. E’ impossibile ridurre l’assenso alle unioni omosessuali ad una questione di cortesia e a un semplice vivi e lascia vivere. La tolleranza ha un costo e impone delle rinunce. Le “famiglie” omosessuali chiederanno – giustamente dal loro punto di vista – spazi sempre più ampi in concorrenza e in contrapposizione con la famiglia tradizionale. Rivendicheranno sostegno, tutela, incentivi come la famiglia tradizionale. La differenza di valori e di riferimenti sarà resa più profonda dalla differenza di interessi. Governare comporterà fare delle scelte di campo, privilegiando ora gli uni ora gli altri. Ne scaturirà un conflitto sociale profondissimo dove un modello di educazione e di valori si riterrà migliore e tenderà a prevalere. Se la famiglia omosessuale è un diritto lo sarà anche la genitorialità omosessuale. E allora apparirà logica attuazione di quel diritto un sostegno economico da parte dello Stato per una mamma “in affitto”, ad esempio. Le politiche a sostegno della maternità dovranno necessariamente fare i conti con richieste e “diritti” nuovi. Questo scenario presuppone una tolleranza illimitata ma, in realtà, crea il terreno per un conflitto senza fine. Immaginiamo una coppia eterosessuale a cui venisse sottratto da un Tribunale un figlio e affidato ad una coppia omosessuale. Ci illudiamo se riteniamo che la questione possa essere ridotta a semplice contesa processuale. E non sarà così improbabile che coppie omosessuali con forti possibilità economiche possano prevalere in molte contese dinanzi agli opposti interessi di una famiglia tradizionale. Il consolidamento dei diritti omosessuali ha come naturale conseguenza l’indebolimento degli altri diritti, non la coesistenza. Con diffidenza e contrapposizioni che tenderanno a radicalizzarsi. Questo avviene in un periodo storico di grave indebolimento della famiglia, già privo di politiche di sostegno dove la scelta del matrimonio è rinviata, il numero dei figli diminuisce il patrimonio di solidarietà e sostegno tra i consanguinei si impoverisce. Se questa realtà deve fare i conti con un modello diverso rappresentato come alternativo ma in realtà confliggente, gli esiti sono scontati: sarà la famiglia tradizionale a soccombere e in maniera non indolore. Nel conflitto e nella frammentazione dei valori a prevalere sarà il valore “assoluto” del denaro: le lobby economiche e sociali. Un effetto domino che parte dalle aule comunali allestite a festa e andrà ad impattare lontano, e molto in profondità. Rappresentare la famiglia omosessuale nel contesto edulcorato del politicamente corretto, sotto il ricatto della discriminazione appare un esercizio pericoloso. La sua legittimazione significa conflitto, non armonia. Dobbiamo dirlo, a costo di risultare blasfemi.
D.C.
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