Nel XIII secolo il Beato Papa Gregorio X stabilì le funzioni dell’ Elemosineria Apostolica, un istituzione che si occupa di dare assistenza agli indigenti fornendo loro denaro, abiti, cibo e dimora. Nel corso dei secoli, però, l’istituzione è andata a deteriorarsi fino a divenire un piccolo ufficio dal quale l’unica forma di sussistenza che ne derivava erano delle benedizioni apostoliche scritte su pergamena.
Dopo la sua elezione, Papa Francesco ha deciso di riabilitare questa antica istituzione e l’ha assegnata all’Arcivescovo polacco Konrad Krajewski (53 anni), dottore in liturgia e cerimoniere pontificio dal 1998 a 2013, con queste parole: “La scrivania non fa per te, puoi venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”.
In questi 4 anni di pontificato l’Elemosineria Apostolica è riuscita a raccogliere fondi sufficienti alla costruzione di un dormitorio per i senza tetto nei pressi del Vaticano: la struttura è dotata di letti, docce e di una mensa. Gran parte del ricavato utilizzato per le opere di bene è stato ricavato dall’invio delle pergamene con le benedizioni firmate dal Santo Padre, queste possono essere richieste sia dai fedeli laici, che da sacerdoti ed istituzioni in cambio di un’offerta in denaro.
Il nuovo incarico ha insegnato a Monsignor Krajewski il significato del concetto di carità cristiana: da qualche mese il direttore dell’Elemosineria Apostolica, infatti, ha deciso di mettere a disposizione il proprio appartamento alle famiglie bisognose. L’offerta di alloggio è valida finché i genitori della famiglia ospitata non trovano un impiego e riescono a mettersi in sesto. Un gesto di grande carità cristiana che l’Arcivescovo minimizza definendolo “Naturale e spontaneo”, d’altronde “Il Vangelo ci insegna ad aiutare chi vive nel bisogno, e la prima necessità è la dimora”.
Dopo queste belle parole Monsignor Krajewski conclude dicendo: “Da qualche settimana sono arrivate altre famiglie e, la cosa bella, per la prima volta in casa mia è nata anche una bella bambina. E io, lo confesso, mi sento una specie di nonno, uno zio. È la vita che continua, dono di Dio”.
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