“Anch’io, che vedevo mio padre come un modello, decisi di essere ateo”. “Ero un ateo militante, il volto del nuovo ateismo, un ateo aggressivo”, “non dicevo semplicemente “non credo”, dicevo: non devono esserci espressioni di credenze religiose nelle università, nei media, nella scuola”.
Il suo ateismo attraversa gli anni universitari e va oltre. Poi, gli capita l’occasione di partire per la Francia, per compiere delle ricerche storiche sulla peste del 1347.
Scoprì che, all’epoca dei fatti, gli unici a non lasciare le proprie abitazioni, per paura del contagio, erano stati i Francescani, che, anzi, si prodigavano per curare i malati e seppellire i morti: “Io leggevo e mi chiedevo: ma chi può amare tanto degli sconosciuti da dare la vita per loro? La risposta ovvia sarebbe dovuta essere Gesù Cristo. Però i mormoni non ponevano enfasi sulla figura di Cristo e come ateo era completamente fuori dalla mia prospettiva”.
In seguito, le sue ricerche portarono Jeff a conoscere un professore di storia cattolico, il cui figlio era diventato sacerdote. Lo incontrò, solo per curiosità inizialmente, e, con lui, cominciò a frequentare altri cristiani, mentre viaggiava tra Parigi, Firenze e Assisi.
Passarono così i successivi 10 anni. Si trovò, dunque, un giorno, a Parigi, per una lezione a cui arrivò stanchissimo e, in attesa dei suoi allievi, si fece vincere dal sonno, per qualche minuto.
“Ebbi un sogno, mi piacerebbe dire una visione, perché era molto chiaro ed è rimasto con me per anni e anni. Rivivevo una scena a me familiare: camminavo lungo la metropolitana di Parigi (…)”; vide un mendicante: “Mi colpì il fatto che era scalzo, con i piedi neri per il vagabondare” e poi vide anche San Francesco: “Non era come negli affreschi di Assisi: era sporco, insanguinato, era come Cristo crocifisso. Mi trasmise senza dire parole un messaggio potente, personale, difficile da spiegare: “ricorda che Dio ha creato il mondo per proteggere i semplici e confondere gli arroganti”. In quel momento capii chi dei due ero io e chi era quell’uomo a terra. Provai una vergogna tremenda perché non mi ero fermato ad aiutarlo. (…) Alla fine ricordai di colpo tutto quello che era successo negli ultimi anni: Avignone, i francescani, i miei amici, i Vangeli … e mi alzai dicendomi: beh, mi battezzino, sono pronto”.
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