Inchiesta sui protestanti: Chi sono veramente?

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“Con il nome protestantesimo, oggi si intende il movimento sorto ad opera di Lutero, e dilagato successivamente in una marea di denominazioni in disaccordo tra loro. Sotto il nome di “protestantesimo” sono rubricate un gran numero di denominazioni e comunità. Già nel 1991 lo storico Martin Marty scriveva che nel mondo si contavano 21.104 diverse denominazioni (arrivate a 33.000 nel 2003) che potevano essere considerate “protestanti” e che il numero si accresceva in ragione di cinque alla settimana. Di fronte al gran numero e alla grande varietà di denominazioni e credenze alcuni negano che sia possibile dare una definizione precisa del protestantesimo. Alcuni ritengono, da un punto di vista storico, che sia possibile definire “protestanti” le denominazioni che hanno nel loro albero genealogico un riferimento almeno remoto alla Riforma protestante “storica”, cioè a Lutero, Calvino, Zwingli e, per chi considera gli anglicani come protestanti, le personalità che si situano alle origini della Chiesa d’Inghilterra. Non a caso le definizioni “storiche” del protestantesimo hanno corso soprattutto in Europa, dove la percentuale di eredi diretti  della Riforma “storica” sul totale dei “protestanti” è più importante, mentre negli Stati Uniti e in America Latina la prevalenza numerica di altre tradizioni (battisti, pentecostali) per cui la ricostruzione di un albero genealogico è comunque più problematica rischia di mettere in crisi le definizioni che fanno riferimento alla storia. Il modo di elaborazione della verità religiosa (in altre parole il principio epistemologico del protestantesimo) è diverso da quello cattolico, in quanto insiste sulla sola Scriptura, “sulla Bibbia come sola autorità”  in materia di fede e di vita ecclesiale. A causa del principio sola Scriptura il protestantesimo è un fondamentalismo, ma nello stesso tempo, per la sua insistenza sul libero esame e il rifiuto di ogni magistero ecclesiastico, è un liberalismo.
Dal punto di vista dell’esperienza religiosa (cioè del principio antropologico) il protestantesimo – sulla base, del resto, del suo principio epistemologico – privilegia l’esperienza individuale del credente rispetto all’inserimento in una comunità strutturata e gerarchica. Anche questo elemento secondo Paul Willaime è precario perché può condurre alternativamente (e qualche volta insieme) “all’emozionalismo” e “all’intellettualismo”. Infine, dal punto di vista del modo di costruzione dell’autorità (cioè del suo principio sociologico), il luogo della verità non è più nell’istituzione (Chiesa) in quanto tale, ma nel messaggio proclamato da questa istituzione.  Per giudicare se il messaggio è proclamato “correttamente”, è costruita socialmente la figura del “pastore” comespecialista della Bibbia, persona che conosce meglio la Bibbia di quanto non la conoscano i singoli fedeli, o in virtù della sua esperienza di fede particolarmente intensa e del suo carisma. Anche qui sono possibili sviluppi in direzioni molto diverse: se il principio epistemologico può portare al liberalismo o al fondamentalismo, le comunità liberali, finiranno per essere dominate dai teologi (pastori) e quelle fondamentaliste da predicatori di tipo carismatico. (cf Enciclopedia delle religioni a cura di Massimo Introvigne). Quindi l’autorità dei molti pastori protestanti non deriva da quella istituzionale, ma è personale, non deriva dalla gerarchia ma dalla competenza (teologica o carismatica).

Che si debba parlare di protestantesimi, al plurale, è chiaro da molti anni a quanti studiano il mosaico protestante. Alcune distinzioni antiche, tra i vari gruppi protestanti sono troppo semplici per ben descrivere l’estrema varietà di denominazioni e dottrine, così è per la distinzione fra un protestantesimo sacramentale o liturgico e un protestantesimo non sacramentale e anti-liturgico. La prima categoria comprenderebbe infatti soltanto la Comunione anglicana (e neppure tutte le sue componenti) e alcune denominazioni luterane. Insufficiente è anche la distinzione tra un protestantesimo calvinista -legato a una rigorosa interpretazione della dottrina della predestinazione – e un protestantesimo arminiano che -attraverso le teorie del teologo olandese Jacob Arminus (1560-1609) – sfugge al rigorismo in tema di predestinazione, affermando – contro il calvinismo classico – che Gesù Cristo è morto per tutti (non solo per i predestinati), che Dio – prima della predestinazione – prevede chi accetterà la grazia salvifica di Gesù Cristo e chi la respingerà, che alla grazia di Dio si può resistere e, dopo averla accettata, la si può rifiutare di nuovo e cadere. Per quanto la distinzione sia utile e importante, la problematica della predestinazione non è al centro di tutto il protestantesimo ma soltanto di un suo segmento, per quanto ampio.

Tutte le comunità protestanti nella storia nascono come movimento di protesta, alla periferia della scena religiosa, ma – non appena si dotano di un’organizzazione stabile – iniziano un processo di istituzionalizzazione. Talora abbandonano alcune dottrine e pratiche controverse; e quasi sempre perdono i tratti utopistici (e spesso anche millenaristici) che avevano caratterizzato la prima generazione, consolidano i rapporti con la politica e gli Stati (o li instaurano dove in precedenza non esistevano), migliorano il livello sociale medio dei loro aderenti: in una parola si muovono dalla periferia verso il centro “religioso”. E così succede ad ogni nuovo gruppo protestante che nasce come protesta, e proclamano il loro desiderio di tenersi fuori da Babilonia, e di ritornare alla purezza originaria, dove Babilonia è il sistema religioso organizzato, Chiesa cattolica in testa, ma riferito anche ad altri gruppi protestanti organizzati e istituzionalizzati. Ma i buoni propositi di purezza e di stare fuori dal sistema religioso organizzato non dureranno a lungo, a poco a poco la nuova denominazione protestante diventerà rispettabile, si istituzionalizzerà, avrà necessità di avere rapporti con lo Stato, quindi si muoverà anche lei verso il centro (mainline).

Il primo protestantesimo
“storico” è costituito dalle comunità nate direttamente dalla riforma storica – anche se in seguito frammentate da numerosi scismi –: luterani e calvinisti (presbiteriani), cui si possono per molti versi avvicinare le comunità della Comunione anglicana (chiamate “episcopaliane” negli Stati Uniti), anche se non mancano storici che considerano il mondo anglicano uno strato intermedio tra protestantesimo e mondo cattolico.
Nel primo protestantesimo rientrano, con caratteristiche proprie, anche i valdesi, eredi di una tradizione protestante pre-riformata passata attraverso diverse trasformazioni.

Il secondo protestantesimo
(chiamato originariamente “evangelico” – aggettivo che ha peraltro diversi significati – e in seguito “di risveglio”) è costituito da movimenti di risveglio o revival che protestano contro la mancanza di fervore (in particolare di fervore missionario) – non di rado attribuita al legame troppo stretto con gli Stati europei del protestantesimo storico, insistendo sull’incontro con Gesù Cristo come esperienza personale che spinge alla missione. La protesta nel mondo luterano produce il pietismo; nel mondo anglicano, il metodismo; e nel mondo presbiteriano, il battismo.
La storiografia più recente insiste sulla derivazione dei battisti principalmente dal calvinismo, ripudiando le tesi più antiche che secondo cui il movimento battista deriverebbe invece anzitutto dalla Riforma radicale e dall’anabattismo (anche se una influenza anabattista rimane evidente su certi aspetti di tutto il mondo battista).
Il tentativo di unifica i risvegli – e le comunità protestanti in genere – produce le denominazioni che derivano dal movimento detto Movimento di Restaurazione o “campbellista” (Discepoli di Cristo, Chiese di Cristo, “Chiese cristiane”), che hanno tuttavia caratteristiche così originali da meritare una trattazione a parte.

Il terzo protestantesimo
è costituito dai movimenti che considerano ormai troppo “istituzionalizzate” e fredde le stesse comunità nate dai risvegli del secondo protestantesimo.
Rientrano in questa terza ondata protestante vari tipi di “Chiese libere”, i movimenti “di santità”, le correnti perfezioniste, e anche il fondamentalismo (che è per altri versi una tendenza che attraversa tutte le comunità protestanti, più antiche o più recenti) quando non rimane all’interno delle denominazioni già esistenti ma si organizza in denominazioni autonome che protestano contro il “liberalismo” insieme teologico e morale delle comunità protestanti di origine più antica.

La corrente pentecostale-carismatica nasce nel XX secolo. Diversi storici la considerano come una semplice variante del terzo protestantesimo, anche molti esponenti del mondo pentecostale si considerano parte del terzo protestantesimo. La questione è complessa. Peraltro, il terzo protestantesimo – in molte delle sue denominazioni più importanti e dei suoi predicatori più prestigiosi – non ha accettato la corrente pentecostale carismatica come sua parte.
Il protestantesimo avventista nasce nel secolo scorso dall’interesse per le speculazioni sulla fine del mondo, trasversale ai primi due protestantesimo, che genera però una serie di denominazioni separate dopo la crisi seguita alla diffusa attesa di avvenimenti apocalittici dell’anno 1844.
Vi è anche un protestantesimo metafisico, nato con la Christian Science, con riferimenti a realtà che una parte della ricerca sociologica inquadra anche nella categoria più generale delle “religioni di guarigione”.
Distinte dalle chiese, comunità e denominazioni sono le parachiese, strutture di servizio (missionario, evangelistico o caritativo) che si pongono al servizio di una pluralità di realtà protestanti diverse e che operano per l’animazione cristiano-evangelica della società senza cercare di avviare chi entra in contatto con loro a una denominazione particolare.
Nelle altre pagine di questa sezione elencheremo alcune delle più importanti e diffuse chiese protestanti, descrivendone l’origine e la storia.

http://www.cristianicattolici.net/protestantesimo_e_sue_origini.html

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