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LA STORIA DEL CRISTO DI MARATEA

 

 

 

 

La Basilicata, si sa, è una delle regioni meno considerate d’Italia. Ci sono pochi interessi economico/politici in quel territorio, troppo esigui per sollecitare i dibattiti dell’opinione pubblica.

Se dal un lato questo pone la regione in una situazione di quasi povertà, dall’altro la preserva da delinquenze e arrivismi vari, almeno per ora, almeno in parte.

Come si può immaginare è una terra quasi intatta, ricchissima di paesaggi mozzafiato, di suggestivi paeselli da scoprire.

Molte località hanno storie di lunga tradizione religiosa, che si tramandano di generazione in generazione, con fede viva e sincera devozione.

Una delle cittadelle più note è Maratea, situata lungo incantevoli spiaggette che si affacciano sul Tirreno. Si trova esattamente tra Campania e Calabria, una zona che spesso nelle cartine geografiche è ridotta a nulla (si notino quelle esposte durante le previsioni del tempo, su molti canali nazionali).

Proprio a Maratea la devozione ha portato alla costruzione della statua del Cristo Redentore, un vero colosso che sovrasta il paese, dal punto più alto del monte San Biagio.

Fu progettata e realizzata, tra il 1963 e il 1965, con un impasto di cemento e marmo, dall’artista fiorentino Bruno Innocenti.

La statua è alta 21,13 metri, l’apertura delle braccia è di 19 metri circa, mentre la testa misura 3 metri di altezza. Il peso è stato calcolato intorno alle 400 tonnellate.

Il Cristo poggia su uno scheletro di acciaio, che affonda nel terreno per diverse decine di metri, ricoperto dal manto esterno, spesso circa 20 centimetri.

Innocenti scrisse “Vuole significare la rinascita, la speranza nuova indicataci dal Cristo Risorto. Il punto d’incontro delle nostre aspirazioni migliori e lui, divinamente ritornante, spaziante nei cieli e in cammino, sempre, verso di noi. Il Redentore, con il largo gesto al cielo e con lo sguardo fisso ai fedeli, presenti nell’ignoto momento della loro esistenza, è legato al Padre Celeste nella benedizione che sta per essere impartita, mentre ancora una volta poggia il piede su questa terra che fu spettatrice della sua crocifissione. Ma in virtù della sua infinita capacità di perdono, niente traspare della tragedia vissuta. Ora è serenità, speranza, perdono luminoso e confortante a venirci incontro: un Gesù giovane, senza tempo, mondo da ogni effimera apparenza terrena. Divinamente nuovo come il simbolo incarnato della seconda parte della Santissima Trinità, l’Umano e il Divino non più contaminati dall’uomo.”. “… Non un urlo dal mare verso le valli, ma un pacato richiamo ad accogliere e a raccogliere, a rinfrancare la speranza.”.

 Il Cristo di Maratea infatti da le spalle al mare, come ad accogliere i tanti visitatori, col gesto che richiama la preghiera del Padre Nostro.

Nel 2013, dal 23 al 28 Luglio, la zona intorno alla statua fu designata per il raduno interdiocesano della Giornata Mondiale della Gioventù di quell’anno, per ricevere i fedeli che non potevano recarsi a Rio de Janeiro.

 

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