Il vero Miracolo è amare Gesù

 

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Era nato nel 1940; era entrato nel seminario vescovile di Todi; nel 1959 è passato al seminario della nostra Congregazione per frequentare il 4° anno di liceo; il 14 agosto 1960 inizia l’anno di noviziato a Campobasso e il 15 agosto 1961 emette la Prima Professione
È ordinato Sacerdote il 24 ottobre 1964 da S. E. Mons. Norberto Perini; il 15 agosto 1968 emette la Professione Perpetua nel Santuario dell’A.M. Alla fine del 1968 aveva terminato di dare ormai quasi tutti gli esami di università nella facoltà di filosofia: gli restava da presentare solo la tesi di laurea, mentre la notte del giorno 24 gennaio 1969 alle 2,50 moriva per emorragia cerebrale. Aveva solo 29 anni.
Anche la Madre visse con tanta sofferenza il decorso di questa malattia, almeno fino al giorno precedente la morte. In una nota di archivio si legge:
“24 Gennaio 1969 – Ieri sera, verso le 17, abbiamo riportato a casa P. Nello, ormai in fin di vita, ed è morto questa mattina alle 2,50. Verso le ore 11 accompagno la Madre a prendere un po’ d’aria, nel bosco. Parliamo di varie cose e anche di quanto è successo ieri. Mi dice la Madre che la notte precedente stava pregando tanto il Signore, perché ci lasciasse in vita il P. Nello. Il Signore le rispose che non lo avrebbe fatto e che se essa lo potesse vedere, come lo vedeva Lui, neanche glielo avrebbe chiesto. La Madre supplicò di farglielo vedere. E il Signore accondiscese. Erano circa le ore 3 del mattino del giorno 23. La Madre dice di averlo visto tanto bello, tanto luminoso, pareva un santino. Il Signore aggiunse: «Se vivesse anche altri cento anni, non diverrebbe più bello di così». Ad assistere il P. Nello in ospedale, alle 3 del mattino del giorno 23, c’erano Suor Fiducia, Suor Annalisa e P. Gialletti. Nessuno dei tre ha notato niente, e neanche il P. Nello ha ripreso conoscenza. E il Signore se lo ha portato con Sé”.
La solenne liturgia della Messa esequiale, presieduta da Padre Arsenio Ambrogi, Superiore generale della Congregazione e concelebrata da vari altri Sacerdoti, religiosi e diocesani, si svolse in una atmosfera di pietà, di pacato dolore, di fiduciosa speranza nelle realtà eterne. Tutti sappiamo che durante la S. Messa la Madre lo vide vestito da Sacerdote, nello splendore della gloria del Paradiso. La salma venne provvisoriamente tumulata nel locale cimitero di Collevalenza per essere poi definitivamente posta nel cimitero della Congregazione a valle del Santuario.
All’inizio dell’ultimo anno di Teologia, per una speciale concessione ottenuta dalla Madre per i primi seminaristi della Congregazione venne ordinato Sacerdote, insieme ad altri due compagni da Mons. Norberto Perini, Arcivescovo di Fermo, nella chiesa della Casa Generalizia delle Ancelle dell’Amore Misericordioso a Roma. Era il 24 ottobre 1964, vigilia della festa dell’Amore Misericordioso. La commozione e la gratitudine verso il Signore per un dono tanto grande saranno più tardi espressi con queste parole:
“Grazie Signore che ti fidi di me. Dammi un cuore grande e generoso, un cuore puro che sappia sollevare le miserie senza macchiarsi. Grazie, Signore, perché quando andrò in cerca di una luce che rischiari la mia mente, so che posso trovarla in Te, e se cerco un cuore che sappia amarmi così come sono, che riscaldi con il suo affetto il freddo delle colpe, so che sei Tu. Dammi un cuore che possa soddisfare alle tue esigenze, capace di palpitare dei tuoi sentimenti, di perdersi in Te”.
L’indomani della sua Ordinazione celebrò la S. Messa nel Santuario di Collevalenza ed ebbe insieme ai suoi compagni il privilegio e la sorpresa di benedire un Vescovo polacco che sapendoli Sacerdoti Novelli si era inginocchiato dinanzi ad essi. Quel Vescovo diventerà dopo qualche anno Giovanni Paolo II!
Ultimati gli studi teologici fu aggregato alla casa di Collevalenza con diversi incarichi. Il 15 luglio 1965 si iscrive e frequenta a Perugia l’Università nella Facoltà di Filosofia.
Ma fu soprattutto al servizio nel Santuario che dedicò con passione e gioia il suo tempo e le sue migliori risorse. Profondamente impregnato del messaggio dell’Amore Misericordioso riusciva a comunicarlo ai pellegrini che venivano al Santuario, specialmente nel ministero della Confessione. Scriveva:
“Provate a immaginare la vostra vita piena di miserie con un Dio giudice severo e vendicatore: sarebbe stato meglio non esistere. La sicurezza di trovare in Lui un cuore più che paterno, che ci considera come una cosa tutta sua, che ci accompagna pieno di misericordia, ci ridà speranza, ci ridà vita… Non abbiamo nessun titolo nel presentarci a Lui, non possiamo pretendere nulla per l’osservanza della sua legge come il pubblicano del Vangelo ed è una fortuna. Un dono da offrire l’abbiamo anche noi, però è un dono di cui non ci possiamo vantare ma tanto utile: i nostri peccati. Sei Padre per questo: per amare e perdonare”.
In alcune frasi di un suo articolo che potete leggere con grande utilità spirituale nel numero di gennaio 1966 della rivista “L’Amore Misericordioso” viene molto bene espressa la gioia della sua fede nel perdono di Dio:
“Dovevi scontare per le tue malefatte, ebbene ha pagato Lui per te e un prezzo più che abbondante. Sapeva che, una volta ripartito non l’avresti più ricordato, mentre ne avevi bisogno per saziare la fame della tua anima più divorante di quella del corpo. Ed è rimasto per farsi mangiare, per saziarti. Ti ha fatto pagare forse? Ti ha rinfacciato la tua ingratitudine? Ti ha umiliato facendoti vedere le tue brutture? Niente di tutto questo; dimentica tutto ed è disposto a lasciare passare se a volte inciampi, basta che veda la tua volontà di camminare. Ti difende anche contro le accuse degli uomini: “nessuno ti ha condannata? Neppure io ti condanno” È questo l’amore; donare o meglio lasciarsi prendere senza neppure sperare ricompensa. E Dio si è donato così a te. Poteva fare di più? L’Amore ha superato se stesso”.
Il suo stato d’animo mi sembra meravigliosamente espresso nel suo articolo: “Un prete si confessa” uscito sempre nella rivista “L’Amore Misericordioso” del numero di marzo 1966:
“Dove andrò io povero e misero come sono? Non mi conosci? Non vedi come la mia anima è piena di ondeggiamenti, di miserie, di quelle miserie che non fanno morire, che non la scuotono né la precipitano con violenza nel fondo e per questo più pericolose. Vivo ancora, o Signore. Ma è una vita annoiata, senza slancio, senza gioia, senza amore. La mia anima è arida, secca, aperta a tutti, dove entra chi vuole. Vado cercando di riempirla di mille cose, di attaccarmi qua e là e più la riempio più sono insoddisfatto, più sono vuoto perché non ci sei Tu. Signore, non Ti ho ancora conosciuto, non Ti ho aperto la porta che a metà e Tu non sei entrato perché non vuoi essere solo. Non vuoi che altri turbino il tuo amore per me. A Te, Signore, lo posso dire perché mi ami: entra nel mio cuore fin laggiù, dove tenacemente si nasconde quel rimpianto, dove ogni tanto mi rifugio per godere quella gioia che ho abbandonato. Ti ho promesso di lasciare tutto e intanto tengo la mano allungata a troppe cose. Cosa posso dare io agli altri? Ancora hai fiducia di me?”.
In un articolo scritto da P. Nello Montecchiani nel gennaio del 1967, due anni prima della sua morte, ci sono alcune frasi che possono considerarsi un programma e una sintesi della sua vita:
“Vivere è generosità sempre pronta a dare e a darsi. È mettere a disposizione di chi te lo chiede il proprio tempo e qualità. Quando non esisterai più per te, ma unicamente per gli altri, avrai fatto qualcosa di importante”.

 

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