I Cristiani sono chiamati a sperare contro ogni speranza.

speranza

Prima di qualsiasi definizione o descrizione della speranza cristiana, è necessario presentare delle figure concrete, dei personaggi che incarnano in qualche modo questa speranza.

E’ così facile risalire ad Abramo. Egli è sì l’uomo della fede, ma anche e forse di più,della speranza, perché la sua prospettiva è un futuro che si fonda nel presente. Ciò che leggiamo allora in Gen 12, 1-3 soprattutto, ci dà una indicazione precisa di che cosa sia credere e sperare contemporaneamente. Ed ancora, appare che questa speranza si concretizza nell’attesa, nella promessa di un figlio, la cosa più ‘naturale’ e spesso la più irraggiungibile per i desideri umani. Ma nel figlio della promessa è aperta la prospettiva non di una vita, ma di una storia intera. Al paradosso della speranza di Abramo si collega direttamente san Paolo, quando, presentando come oramai definitivamente sfumato il desiderio della paternità, lo vede inaspettatamente realizzato. «Egli credette, al di là di ogni speranza, di divenire padre di molte nazioni…Fondato sulla promessa di Dio, non esitò nella incredulità, ma si rafforzò nella fede» (Rom 4, 18.20).

Una storia aperta al futuro

Nel segno di questa speranza si svolge la storia d’Israele, protesa ad un futuro di vita e di gioia. In questa luce viene proiettata anche la speranza di una vittoria futura, definitiva sul male, come leggiamo in Gen 3, 15. E’ il primo annuncio evangelico, la prima buona notizia in una esistenza segnata dal male, sotto ogni profilo. Per questo motivo, l’espressione ‘sperare contro ogni speranza’ è il paradigma stesso della prospettiva cristiana. Essa non si fonda su una facile successione di avvenimenti lieti. È piuttosto la fatica di avere una prospettiva, perché le cose vanno male, perché la situazione è compromessa. La speranza cristiana è una questione molto seria, perché guarda in faccia alla realtà, se ne spaventa per quel che basta, ma alza gli occhi verso il cielo, da dove viene la salvezza (cfr Salmo 121).

E’ dono di Dio

La speranza cristiana non è lo sforzo umano di vedere il bene dove c’è il male, ma la fiducia di superare il male, perché Dio ci viene in aiuto. Altrimenti si tratterebbe di una tensione psicologica, di uno sforzo sovrumano di volontà o di una prospettiva socio-politica, di cui la storia recentissima ci ha dato esempi fin troppo evidenti. E poiché si tratta di storia, il riferimento all’epopea dell’Esodo è quanto mai necessaria, perché in essa la speranza di Abramo ci concretizza in un popolo, che è chiamato a fidarsi di Dio ed a fondare su di lui il suo futuro. Del resto, fra le diverse interpretazioni del nome di Dio, legate alla rivelazione del roveto ardente: Io sono colui che sono; c’è anche l’indicazione al futuro: sarò ciò che sarò, intendendo in questo, sempre un ‘per voi’.

Tutto questo si compie in Gesù Cristo, perché in lui le promesse di Dio si sono realizzate (Cfr 2Cor 1, 20). Il Cristo è dunque il compimento dell’attesa e della speranza d’Israele ed il fondamento della speranza dei cristiani. Ma anche qui le cose procedono in modo paradossale, perché la vita di Gesù e la sua conclusione drammatica, sembrano mettere in discussione proprio la verità di questa promessa e la consistenza della speranza. Come dire, che la speranza cristiana non è mai un pacifico possesso. I motivi di questa complessa e paradossale situazione sono dati dalla conclusione drammatica della vita di Gesù, da una parte, e poi dal mistero stesso di Dio.

bibbia

Le condizioni della speranza

Verità difficile e aspra, dunque, la speranza cristiana, perché la vita si svolge e si sviluppa in mezzo a difficoltà, contraddizioni, e fallimenti garantiti. Come sperare in queste condizioni? Certamente non ricorrendo a qualche sortilegio, ma leggendo nella storia di Cristo la linea del superamento del male e della disperazione. Se è vero che Abramo credette al di là di ogni speranza, questo è ancora più vero nel Cristo Signore, perché ha operato nella sua vita di Verbo incarnato, il passaggio dalla morte alla vita. Egli è la speranza concreta, perché rivela come Dio affronta il male del mondo, reso evidente dalla morte. Essa non è l’ultima parola di questa storia, ma la penultima. E’ la vita che viene da Dio la svolta ultima e definitiva. Così, nella morte di Gesù si rivela la vittoria di Dio sulla morte.

L’esperienza dell’azione di Dio

Qualcuno potrebbe obiettare che tutto questo è solo teorico, perché in realtà nulla è cambiato e tutto è restato come prima. Ma proprio qui si pone l’esigenza di andare oltre le parole e le rievocazioni. La speranza cristiana è il risultato del dono della grazia e quindi della presenza di Dio, di cui si fa esperienza. Se non ci fosse questa esperienza di Dio, tutto si perderebbe nelle nostre parole. Ma la speranza, come la fede, si fonda su una esperienza dell’azione di Dio, di lui stesso, che riempie la vita. Dio non è un’idea, ma una presenza viva che fa vivere e crea e suscita la fiducia. Infatti si può dire che la speranza è la dimensione fiduciale della fede. Dato allora, che la nostra vita è segnata dalla croce, che non aiuta a credere, ma a disperare, ciò che è decisivo è l’azione della grazia di Dio che si fa sentire presente nelle nostre difficoltà. Egli non è il Dio assente, ma colui che si china su di noi e ci porta nella vita. La vicenda di Gesù diventa così paradigmatica anche per noi. Viviamo la stessa sua esperienza, tenendo conto delle differenze fra noi e Gesù.

La speranza come attesa fiduciosa di Dio

Il secondo motivo della speranza è data dal mistero di Dio. Anche se le cose nel mondo andassero al meglio, non per questo verrebbe meno la speranza, perché essa è connaturale al nostro rapporto con Dio, mistero inaccessibile, se egli non si avvicina a noi. Dio non è oggetto di conquista, perché altrimenti sarebbe un idolo. Egli è mistero nel senso che ci trascende, ci supera da ogni parte e può essere raggiunto da noi, solo se si dona a noi per sua iniziativa. E’ questo il fondamento specifico della speranza. Che si identifica con l’accoglienza del dono e con il senso di gratitudine. Il nostro atteggiamento con Dio è quello dell’attesa fiduciosa, disponibile. E questo vale per sempre, ora e per l’eternità.

Speranza come novità di vita in ordine a Dio

Il senso del mistero di Dio rende la vita aperta al futuro e mai ripetitiva. La speranza manifesta, fra l’altro, anche la novità inesauribile di Dio, che è la dimensione della vita eterna. Gli spazi sconfinati del mistero di Dio entrano così nella esperienza del credente, che è proteso al futuro. In questo senso, un altro aspetto della speranza è il desiderio che orienta la nostra vita. Esso non è dato solo dall’assenza di un bene, che perciò si desidera, ma piuttosto dall’aver già inizialmente trovato quel bene che è di per sé inesauribile e che quindi viene desiderato all’infinito e per se stesso.

Dono per un desiderio senza fine

Tentando una facile sintesi, possiamo dire che la speranza è la forza che Dio ci dà per affrontare e superare le difficoltà, le sorprese amare della vita. La croce non manca mai; ma non è più segno di maledizione, perché il credente la vive nello spirito e nell’atteggiamento di Gesù. Non è virtù facile la speranza, anche se è dono di Dio. Poiché deve essere accolto da noi, richiede che superiamo le gravi prove della vita, nelle quali si può trave proprio il Dio che cerchiamo.

Nel segno più positivo, la speranza è il segno della divinità di Dio, che ci chiama a partecipare del suo mistero. Chi ha fatto esperienza del Dio di Gesù Cristo, sa che Dio è mistero insondabile, nel quale però è dolce immergersi. Dalla speranza cristiana discendono anche la contemplazione ammirata del mistero di Dio ed il desiderio della comunione definitiva con lui.

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