L’Italia è diventato un paese veramente incredibile dove succede tutto e il contrario di tutto, criminali che vengono rimessi in libertà per cavilli giudiziari , cause civili che durano anni e che mettono in crisi quei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro ingiustamente, dove chi ha devastato il paese come la nostra classe politica e dirigente gode di privilegi inauditi e vive alle spalle dei cittadini. Dove gli interessi personali hanno di gran lunga superato gli interessi collettivi, ed ognuno pensa al proprio tornaconto. Un Paese a basso indice di natalità che viene segnalato come allarme demografico, poi invece a chi fa molti figli addirittura gli vengono tolti, ma come invece di incentivare e sostenere chi contribuisce al ripopolamento della nostra Nazione lo si boicotta.
Hanno tolto loro nove figli su dieci e i due minori rischiano di essere adottati. La causa di una misura così drastica? La povertà, «dato che ai genitori non è stato contestato alcun reato». A battersi per difendere Carmela (36 anni) e Pasquale (45), due coniugi napoletani residenti in un monolocale del Rione Stella, è il consigliere comunale della città e presidente della Consulta delle elette, di professione avvocato, Simona Molisso (lista civica Rd), che spiega a tempi.it: «Non ci sono problemi di alcol o di droga in famiglia, né tanto meno di abusi o maltrattamenti». Carmen, fino a poco prima di partorire, manteneva i figli facendo le pulizie a domicilio, mentre Pasquale è manovale e venditore ambulante.
QUALE RATIO? La battaglia del consigliere era cominciata già nel 2011, quando scoprì che oltre l’80 per cento delle spese per le politiche dell’infanzia di Napoli era usato per l’istituzionalizzazione dei bambini sottratti alle famiglie in difficoltà, con cifre che ruotano intorno ai 30 milioni di euro all’anno. «Tutto ciò nonostante la legge italiana e le convenzioni internazionali per l’infanzia parlino dell’allontanamento dei figli da casa come extrema ratio». Dopo aver visionato i dati del Comune che parlavano di un numero crescente di bambini affidati alle case famiglia, 400 nel 2012 e 700 nel 2013, e dopo aver scoperto che quelli dell’anno successivo non erano stati elaborati, Molisso ha presentato una mozione per l’attuazione di politiche di prevenzione o alternative all’istituzionalizzazione dei minori. «Eppure, sebbene passata all’unanimità, l’amministrazione comunale l’ha completamente ignorata».
«Mentre i tre maggiori (dai 17 ai 14 anni) sono già alloggiati da tempo in una comunità, da quando la famiglia stessa si era rivolta per la prima volta ai servizi sociali cinque anni fa, chiedendo aiuto e ricevendo come sola risposta l’accesso a una struttura d’alloggio. Ma il 5 ottobre scorso, alle 6 del mattino, hanno fatto irruzione nel monolocale la polizia, gli assistenti sociali e persino la squadra omicidi, «perché temevano che mi suicidassi», ha spiegato Carmela al quotidiano, chiarendo che non le passava nemmeno per la testa, anche perché «così le creature mie non le vedevo davvero più».
COSTI SOCIALI. Messa al corrente dei fatti, Molisso ha subito chiesto al Comune di accedere agli atti relativi al caso, come spetta di norma a ogni consigliere, «eppure l’amministrazione ha negato il mio diritto compiendo di fatto un atto illegale». A quel punto la consigliera si è allarmata e ha cercato di vederci più chiaro, scoprendo «dai dati del Comune di Napoli, che nel 50 per cento dei casi l’istituzionalizzazioni dei minori avviene secondo il procedimento previsto dall’articolo 403».
E così che Carmela è costretta a passare la giornata in autobus per andare a trovare i tre figli più grandi il sabato e gli altri il mercoledì e il giovedì o il venerdì, anche se «impiego quasi una giornata intera», ha raccontato la donna spiegando che «non rinuncio mai, però, per far conoscere a tutti l’ultimo nato». Anche perché, quando le si domanda se tutti quei figli, in quelle condizioni, non sono un azzardo, lei risponde così: «I figli sono tutta la mia vita, un dono di Dio».
Fonte: Tempi.it