Il Giubileo 2025 volge al termine e, in coincidenza di uno dei suoi ultimi appuntamenti, si chiude una sorta di cerchio tra il Pontefice che lo ha aperto e il suo successore che lo chiuderà.
In occasione della Santa Messa in San Pietro per il Giubileo dei detenuti, papa Leone XIV ha ricordato le parole di papa Francesco, in occasione dell’apertura della Porta Santa alla Casa Circondariale di Rebibbia, dove il defunto pontefice usò le metafore della “corda in mano, con l’àncora della speranza“, esortando al contempo: “Spalancate le porte del cuore“.
Le parole di Bergoglio, secondo il suo successore, implicavano “credere sempre nella possibilità di un futuro migliore” oltre che ad “essere, con cuore generoso, operatori di giustizia e di carità negli ambienti in cui viviamo“. Prevost ha preso atto che “nonostante l’impegno di molti, anche nel mondo carcerario c’è ancora tanto da fare in questa direzione“.
Proprio perché “il carcere è un ambiente difficile e anche i migliori propositi vi possono incontrare tanti ostacoli“, è necessario evitare di “stancarsi, scoraggiarsi o tirarsi indietro“, mentre è necessario “andare avanti con tenacia, coraggio e spirito di collaborazione“, ha aggiunto il Santo Padre, ricordando che “nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto e che la giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione“.
“Quando però“, ha osservato il Pontefice, “si custodiscono, pur in condizioni difficili, la bellezza dei sentimenti, la sensibilità, l’attenzione ai bisogni degli altri, il rispetto, la capacità di misericordia e di perdono, allora dal terreno duro della sofferenza e del peccato sbocciano fiori meravigliosi e anche tra le mura delle prigioni maturano gesti, progetti e incontri unici nella loro umanità“.
Se è vero che i miracoli avvengono “con interventi straordinari di Dio, più spesso essi sono affidati a noi, alla nostra compassione, all’attenzione, alla saggezza e alla responsabilità delle nostre comunità e delle nostre istituzioni“.
Leone XIV ha nuovamente menzionato le parole di Francesco, che, all’inizio dell’attuale Giubileo, con la bolla Spes non confundit, aveva auspicato “forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società“. La speranza dell’attuale Pontefice, è “che in molti Paesi si dia seguito al suo desiderio“.
Tra le problematiche sempre attuali del mondo carcerario, il Papa ha menzionato il “sovraffollamento“, l’”impegno ancora insufficiente di garantire programmi educativi stabili di recupero e opportunità di lavoro“ e “a livello più personale, il peso del passato, le ferite da medicare nel corpo e nel cuore, le delusioni, la pazienza infinita che ci vuole, con sé stessi e con gli altri, quando si intraprendono cammini di conversione, e la tentazione di arrendersi o di non perdonare più“. Il Signore, tuttavia, ha aggiunto, desidera “che nessuno vada perduto (cfr Gv 6,39) e che tutti «siano salvati» (1Tm 2,4)”.
“Mentre si avvicina il Natale“, ha detto Leone XIV a conclusione dell’omelia, “vogliamo abbracciare anche noi, con ancora più forza, il suo sogno, costanti nel nostro impegno (cfr Gc 5,8) e fiduciosi. Perché sappiamo che anche di fronte alle sfide più grandi non siamo soli: il Signore è vicino (cfr Fil 4,5), cammina con noi e, con Lui al nostro fianco, sempre qualcosa di bello e gioioso accadrà“.
Più tardi, affacciandosi su piazza San Pietro in occasione, il Santo Padre ha ricordato: “Dalla prigione dello sconforto e della sofferenza ci libera la parola di Gesù: ogni profezia trova in Lui il compimento atteso. È Cristo, infatti, che apre gli occhi dell’uomo alla gloria di Dio. Egli dà parola agli oppressi, ai quali violenza e odio hanno tolto la voce; Egli vince l’ideologia, che rende sordi alla verità; Egli guarisce dalle apparenze che deformano il corpo“.
“Il Verbo della vita ci redime così dal male, che porta il cuore alla morte”, ha proseguito. “Perciò, come discepoli del Signore, in questo tempo d’Avvento siamo chiamati a unire l’attesa del Salvatore all’attenzione per quello che Dio fa nel mondo“.
Richiamandosi all’appellativo “gaudete“, attribuito alla Terza Domenica d’Avvento, il Pontefice ha esortato: “Gioiamo, dunque, perché Gesù è la nostra speranza soprattutto nell’ora della prova, quando la vita sembra perdere senso e tutto ci appare più buio, le parole ci mancano e fatichiamo ad ascoltare il prossimo“.
Dopo la recita della preghiera mariana, Leone XIV ha ricordato le due beatificazioni celebrate ieri a a Jaén, (Spagna) e Parigi, in occasione delle quali sono stati elevati agli altari: “il sacerdote Emanuele Izquierdo e cinquantotto Compagni, insieme al sacerdote Antonio Montañés Chiquero e sessantaquattro Compagni, uccisi in odio alla fede nella persecuzione religiosa degli anni 1936-38“; “Raymond Cayré, sacerdote, Gérard-Martin Cendrier, dell’Ordine dei Frati Minori, Roger Vallé, seminarista, Jean Mestre, laico e quarantasei Compagni, uccisi in odio alla fede negli anni 1944-45 durante l’occupazione nazista“.
“Lodiamo il Signore per questi martiri, coraggiosi testimoni del Vangelo, perseguitati e uccisi per essere rimasti accanto alla propria gente e fedeli alla Chiesa!“, ha commentato.
In conclusione, Prevost ha espresso “viva preoccupazione” per la ripresa degli scontri nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo: a riguardo ha espresso la propria “vicinanza alla popolazione“, esortando “le parti in conflitto a cessare ogni forma di violenza e a ricercare un dialogo costruttivo, nel rispetto dei processi di pace in corso“.
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